Birra, musica, adrenalina da concerto. Una certa dose di esibizionismo.
C'era tutto questo nel villaggio di Slane, in Irlanda, dove si è esibito il rapper Eminem, prima che quanto accaduto sollevasse un polverone. Prima che esplodesse il caso «slanegirl», c'era una ragazza di 17 anni che, in mezzo alla folla di fan in delirio per il rapper di Detroit (oltre 80mila spettatori), si abbandona a smancerie spinte con un coetaneo, pratica sesso orale con lui, e poco dopo fa lo stesso con un altro amico, sempre lì davanti a tutti.
Siccome nessuno va più da nessuna parte senza scattare foto per mostrare dov'è stato e cos'ha fatto, c'è chi fotografa lo spettacolino hard, e ovviamente, pubblica tutto in rete. E siccome la rete ha i difetti delle persone che la popolano - cioè è in parte maligna, maschilista, bacchettona - molti utenti di Facebook, twitter, Instagram e Tumblr cominciano a condividere a loro volta le immagini. Che diventano virali.
Viene svelata l'identità della ragazza, che in poche ora si trasforma in «quella che pratica le fellatio ai concerti». Qualità e quantità di sarcasmi e insulti si moltiplicano: l'hashtag «slanegirl» è il veicolo con cui piovono offese di tutti i tipi contro la ragazza. Che finisce all'ospedale, «sconvolta» e per questo «sedata», riferiscono le cronache.
Le autorità investigative aprono un'indagine per diffusione di materiale pedo-pornografico, dato che si tratta di una minorenne, mentre i gestori dei social network bloccano la diffusione delle foto (delle quali ora non vi è traccia, eccezion fatta per quella di uno dei due ragazzini «beneficiati» dalla pratica sessuale, con le braccia alzate al cielo e l'aria trionfante. Perché, ovviamente, se lei è oggetto di critiche feroci, lui invece è un figo e basta).
Ma ormai la frittata è fatta. Si temono «gesti sconsiderati» da parte della 17enne: di casi di adolescenti che si sono suicidati dopo essere diventati per qualche ora o giorno lo zimbello della rete ce n'è più di uno. Ciò che finisce online resta lì per sempre, non si cancella, non c'è il diritto all'oblio. E i social network si basano sul concetto di condivisione, il contrario della privacy.
Ora si punta il dito contro il «cyberbullismo».
La realtà virtuale conta di più di quella reale?
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