Si svegliano anche Renzi & C: non sono cose da Paese civile

RomaIl Parlamento si muove. A parole. Tutti sembrano voler spingere sull'acceleratore di una modifica della legge sulla diffamazione a mezzo stampa ma non tutti la pensano allo stesso modo. E, come sempre, c'è il rischio che il «faremo» resti solo sulla carta. Ma il caso Sallusti ha smosso il Palazzo. Oltre alla proposta di legge a firma Pino Pisicchio e Giuseppe Giulietti, c'è anche un disegno di legge targato Maurizio Gasparri (Pdl) e Vannino Chiti (Pd). Una manovra bipartisan. L'obiettivo è quello di porre fine all'arcaica pena del carcere per i giornalisti. Anche il capo dei deputati del Pdl Cicchitto assicura: «Visto che nel dibattito di mercoledì sera alla Camera tutti i rappresentanti dei gruppi si sono espressi per una modifica della legge riguardante la diffamazione e i reati a mezzo stampa, ricerchiamo una via di soluzione in tempi assai ristretti del caso Sallusti in sede legislativa di commissione Giustizia». Pare escluso invece lo strumento del decreto legge da parte del governo, posto che difficilmente, per la corte costituzionale, sussisterebbero i criteri di necessità e urgenza per agire.
In ogni caso, anche nel Pdl, c'è qualcuno che storce il naso all'ipotesi di cancellare il carcere per chi diffama a mezzo stampa. Uno di questi è l'onorevole Maurizio Paniz che al Giornale spiega: «Sono durissimo per chi diffama attribuendo un fatto determinato falso a una persona. Se uno scrive che Paniz ha rubato un milione di euro o ha violentato una ragazzina di 15 anni e se questo è falso, beh... È molto, molto grave. Più grave di rubare una mela che è un furto punito con una pena detentiva di alcuni mesi. Diffamare una persona è molto più grave perché lascia in tutti i lettori, quand'anche la notizia venga rettificata, il convincimento che qualcosa di vero ci sia stato. La libertà di opinione non può essere libertà di diffamazione». E la posizione di Paniz non è certo isolata in Parlamento. Anche Mario Landolfi, per esempio, la pensa così: «Sallusti non merita di essere arrestato perché l'omesso controllo è orribile e va cambiato. Ma attenzione: io il carcere lo terrei come extrema ratio. Pensiamo ai giornali locali che in qualche caso sono dei covi in cui si pensa di avere licenza di uccidere». Francesco Paolo Sisto, sempre per rimanere nelle file del Pdl, invece, è per il via carcere ma più soldi: «Il reato di diffamazione è già oggi punito con pena detentiva alternativa a pena pecuniaria. Il che la dice lunga sull'eccezionalità del carcere. A tanto va aggiunto che secondo le tecniche più moderne del diritto penale, si va stabilizzando una rivalutazione della pena pecuniaria rispetto alle pene detentive brevi, che non si eseguono». Quindi: «Sarei per una pena pecuniaria pesante che in realtà è molto più afflittiva del carcere. Poi, se uno non paga, misure detentive».
A scoppio ritardato arriva anche la solidarietà di Matteo Renzi: «L'articolo era violento - dice il sindaco di Firenze - ed è stato giusto portarlo in tribunale, ma un Paese che manda in carcere la gente per le proprie idee non è un Paese civile». E il pm palermitano Antonio Ingroia aggiunge: «Potrei querelare Sallusti ma non vorrei mai il carcere per il direttore». E mentre Daniela Santanchè denuncia che «questa era una sentenza già scritta», Amedeo Laboccetta annuncia di aver «costituito un comitato pro libertà a difesa del direttore Sallusti».

Intanto i 5 consiglieri laici del Csm in quota centrodestra hanno espresso solidarietà a Sallusti e si sono detti «preoccupati per una decisione che finisce per restringere la libertà di espressione costituzionalmente garantita e tutelata anche da recenti pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo».

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