RomaUna batosta tira l'altra. E così il secondo giorno il Pd fa il bis e dopo Franco Marini affonda Romano Prodi, seppellito sotto un macigno grande 101 voti, quelli che i grandi elettori del suo stesso partito decidono di sottrargli in aula in una delle più grandi sconfessioni pubbliche che la storia parlamentare ricordi, rendendo entrambi gli esponenti «impresentabili», o meglio «non ripresentabili».
Una batosta arrivata in termini eclatanti e inattesi visto che i rumors di Transatlantico davano l'ala bersaniana convinta di attestarsi sì sotto la soglia dei 496 voti in dote al Pd ma comunque attorno ai 460-470. Una perdita che in questi termini sarebbe stata considerata fisiologica e gestibile. E avrebbe portato il partito di Via del Nazareno a giocarsi il tutto per tutto questa mattina, nella quinta votazione, dopo una nottata di trattative con grillini e montiani. Invece alla prova dell'aula, il Pd è franato, trasformando Montecitorio in una sorta di Vietnam politico in cui consumare vendette, agguati e rese dei conti interne.
Il conteggio finale è impietoso. I consensi per il Professore si fermano a quota 395: ne servivano 504 per portarlo al Colle, ne mancano all'appello 101 e sono tutti dentro il centrosinistra (Pd, Sel, Centro democratico, autonomie). Voti in uscita, convogliati su Stefano Rodotà, il candidato grillino che di voti ne ottiene 213, ben al di sopra dei parlamentari pentastellati che in tutto sono 164. Stessa sorte tocca ad Anna Maria Cancellieri che dai 69 di partenza di Scelta Civica sale a 78. Alla ricerca dei voti mancati per Prodi si trovano poi i 15 voti che vanno a Massimo D'Alema, un paio di schede con il nome del Professore scritto in modo inesatto, i tre di Franco Marini e i due di Giorgio Napolitano. Un bilancio numerico che dimostra come il sogno del Pd di fare scouting nella fila dei grillini e dei montiani si sia verificato sì, ma nella direzione esatta e contraria con una vera e propria emorragia di voti in libera uscita dal recinto del Nazareno.
I sospetti dello schiaffo al Professore si appuntano soprattutto su dalemiani ed ex Popolari. La voce di suffragi dirottati da Sel verso Rodotà viene, invece, smentita dai vendoliani: «Da questa mattina è iniziata a circolare la voce che ci fossero dei mal di pancia tra noi su Prodi - dice un parlamentare - ma la cosa è completamente infondata: per noi quella di Prodi era una ipotesi ottima per evitare che il Pd guardasse a destra e puntasse a un governo delle larghe intese. Proprio per evitare equivoci - spiega - abbiamo deciso di rendere riconoscibili i nostri voti e abbiamo segnato le schede indicando R. Prodi, basta verificare». Uno stratagemma che mette ancora più in imbarazzo i democratici.
Chi può brindare al risultato raggiunto e all'efficacia della propria strategia d'aula sono Pdl e Lega che, non partecipando al voto, hanno testato la tenuta dei montiani e hanno stanato il Pd. Un'operazione riuscita in pieno. A questo punto si riparte questa mattina. Alla ricerca di un candidato che possa passare le forche caudine e resistere al big bang del Pd.
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