Dopo averci ragionato mesi e mesi è possibile che la svolta sia vicina davvero. Una settimana, più probabilmente due, forse tre. Per annunciare la nascita di un soggetto nuovo e ben distinto dal Pdl, un movimento più che un partito, magari una lista civica nazionale aperta a tutta l'area moderata oppure più semplicemente una Forza Italia 2.0.
È in questa direzione, infatti, che sta andando Berlusconi, anche se ci sono ancora decisioni in sospeso e c'è soprattutto da capire con quale legge elettorale si andrà a votare. Un questione discriminante, soprattutto per capire se si dovrà privilegiare la coalizione (via allo spacchettamento) oppure il partito. Il «momento delle scelte», però, forse è finalmente arrivato. O, almeno, questo spiega il Cavaliere a chi lo va a trovare o lo sente al telefono. «Due o tre settimane al massimo», ripete. Ma pare che fosse per lui lo farebbe anche domani, tanto che ieri Gianni Letta avrebbe avuto il suo bel da fare per arginarne gli entusiasmi. D'altra parte, è il calendario a imporsi. Se l'ex premier vuole lanciare un nuovo movimento, infatti, ha senso farlo almeno una settimana prima del 28 ottobre, data delle elzioni regionali in Sicilia. Secondo i sondaggi, infatti, fino a prima che scoppiasse il Laziogate Musumeci era più o meno alla pari con Crocetta. La partita, insomma, è aperta e sarebbe stupido non provare a sfruttare un simile appuntamento per cercare di tirare la volata al candidato del centrodestra. Entro due mesi, poi, ci saranno le elezioni nel Lazio. E da sciogliere non c'è solo il nodo di chi sarà il candidato governatore ma anche dell'eventualità (quasi certa) che al posto del simbolo del Pdl ci sia una lista civica.
Insomma, il tempo string davvero. E su questo sono d'accordo anche i big del Pdl che mercoledì si sono riuniti con Berlusconi a Palazzo Grazioli fino a tarda notte. Tutti, infatti, insistono con il Cavaliere sulla necessità di accelerare. Cicchitto è uno dei più espliciti: «Non possiamo continuare a rimanere appesi, è arrivato il momento che tu riprenda in mano il centrodestra e che il Pdl apra seriamente la questione economica guardando anche a imprese e commercianti». Berlusconi annuisce, concorda sul fatto che il tempo stringe e ipotizza la trasformazione del Pdl in un grande movimento di opinione aperto ai moderati, da Casini a Montezemolo. A quel punto sarebbe pronto a non candidarsi. Qualcuno fa presente che sia il leader Udc che il presidente della Ferrari hanno già detto che non ci stanno e si continua a discutere. Si passa al capitolo degli ex An, con Gasparri che solleva il problema scissione. Basta con questa storia, dice il capogruppo del Pdl al Senato. Berlusconi è d'accordo: «Nessuna scissione, certo».
Che però l'ex premier guardi a qualcosa di diverso e molto lontano da quello che è il Pdl adesso è piuttosto chiaro. «Non c'è da rottamare ma da innovare, perché quando i nodi non riesci più a districarli allora vanno tagliati», spiega una Santanché insolitamente prudente. Eh sì, perché più d'uno giura di aver sentito Berlusconi pronunciare proprio il termine «rottamare». «Miro ad un progetto che mi faccia ottonere il miglior risultato possibile», confida in privato Berlusconi. Il che vuol dire che non farà sconti a nessuno, che il criterio di ogni decisione sarà quella di capitalizzare al massimo. Ecco perché, insiste, «è necessario iniziare a mandare in televisione volti nuovi e giovani come sta facendo il Pd».
Difficile, dunque, che la rivoluzione avvenga davanti ad un organo formale del partito come potrebbe essere la Direzione nazionale e come vorrebbero i big di via dell'Umiltà, compreso Alfano che sta preparando un documento in dieci punti sul restyling del partito.
Più probabile, invece, che Berlusconi scelga una sede più appropriata alla svolta movimentista. Con un dubbio amletico su cui s'interrogano in questi giorni a via dell'Umiltà: ma il Pdl chiuderà i battenti o resterà la bad company?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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