Roma - Ora tocca pure al Parlamento far luce sull'ombra di Fini. Qualhe giorno fa, in giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, è piombato un fascicolo relativo a Francesco «Checchino» Cosimi Proietti, storico braccio destro e sinistro dell'ex presidente della Camera. La procura di Roma ha bisogno dell'autorizzazione della Camera di appartenenza dell'ex parlamentare vicinissimo al compagno della Tulliani per poter utilizzare delle intercettazioni che lo riguardano. L'inchiesta, che verte sull'ipotesi di reato di finanziamento illecito al partito e bancarotta, ruota attorno alla società «Keis Comunicazione», fallita nel luglio del 2010. Una vicenda complessa, questa, che riporta a galla pure i fantasmi di Montecarlo.
Secondo l'accusa, l'ex parlamentare finiano aveva un ruolo nella «Keis», amministrata dal nipote Alessandro e, dal 2007, partecipata dalla figlia Francesca. Quello che non quadra, per i magistrati, è l'enorme flusso di denaro che arriva nelle casse della piccola società da parte del gruppo Atlantis, poi denominato Bplus, il più grande concessionario italiano di slot machine, e di proprietà di Francesco Corallo. Nome, questo, che spesso si incrocia con le vicende sia di Fini sia di Proietti. Una fotografia scattata nel 2004, per esempio, ritrae i due politici proprio nel ristorante di Corallo a Saint Marteen, nei Caraibi. Non solo: Corallo ha come consulente e socio James Walfenzao, rappresentante formale della società che ha acquistato la casa di Montecarlo a prezzo di saldo e poi finita nella disponibilità del cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. È lo stesso Corallo che nel 2008 spedisce via fax i passaporti di Elisabetta e Giancarlo Tulliani a Walfenzao. Il re delle slot machine Corallo ha a che fare anche con Checchino Proietti, visto che i magistrati di Tivoli da anni hanno acceso i fari su altri finanziamenti sospetti. Dalla cassa della Atlantis/Bplus sarebbero arrivati finanziamenti per una rassegna gospel in Ciociaria attraverso l'associazione culturale dei «monti Simbruini», con conto corrente in un minuscolo sportello di Subiaco, città natale di Proietti. 120mila euro. Somma poi prelevata dall'ex sindaco di Subiaco nonché membro dell'associazione, Pierluigi Angelucci. Il quale disse che l'operazione gli era stata commissionata proprio da Proietti. Ma quest'ultimo ha sempre negato tutto.
Tornando alla «Keis»: la contabilità della società è un dedalo ma, secondo il Fatto Quotidiano, soltanto tra il 2008 e il 2010 avrebbe incassato da Bplus 300 mila euro.
Sponsorizzazioni sospette, quindi. Ma anche, è l'accusa dei pm, Proietti avrebbe «distratto o occultato beni della Keis dichiarata fallita dal tribunale di Roma» per un totale di oltre 2 milioni di euro. Soldi prelevati «dai conti della società in contanti» o «con assegni circolari» senza «alcuna giustificazione». Il sospetto della Procura è che alla «Keis» arrivasse denaro a fronte di fatture per «operazioni inesistenti senza delibera dell'organo sociale competente e senza l'iscrizione dell'erogazione a bilancio». I soldi entravano a fiumi ma poi inesorabilmente uscivano.
Possibile fare chiarezza? I magistrati provano a farla; e per questo ora chiedono di poter utilizzare i brogliacci delle intercettazioni che riguardano il finiano di ferro. Mercoledì prossimo la Camera inizierà a occuparsi del caso, assegnando il corposo file a un relatore. Poi, la parola passerà alla giunta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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