Solo col taglio alle tasse il Paese può ripartire

di L'unica vera ricetta per contrastare, presto e bene, la crisi è la riduzione della pressione fiscale. L'esatto contrario di quello che ha fatto il governo Monti: in un anno, i professori l'hanno aumentata di quasi 3 punti, fino a farle raggiungere livelli insopportabili. Per le famiglie e per le imprese. Con il risultato che sono crollati i consumi, sono crollati gli investimenti, è aumentata la disoccupazione e l'inflazione, e la recessione va accentuandosi sempre di più. Finiremo l'anno a -3% in termini di Pil. Tutto per seguire le follie egoistiche ed egemoniche della Germania di Angela Merkel. Proprio quella Germania che a giugno 2011 ha innescato la crisi con la vendita, da parte di Deutsche Bank, di 8 miliardi di titoli di Stato italiani, che ha indotto gli altri grandi operatori mondiali a fare altrettanto.
E Silvio Berlusconi, che a Angela Merkel si era opposto, è diventato, grazie alla crisi, l'agnello sacrificale. Tutti contro di lui, contro il suo governo, contro la sua politica economica, contro la sua politica in Europa, contro la sua politica estera, contro la sua idea di sovranità. Tutti, in Italia come in Europa, a indignarsi e a lanciare sorrisetti di feroce compatimento nei suoi confronti. Ignari del fatto che il dopo Berlusconi si sarebbe rivelato un disastro. Altro che aumentata credibilità del nostro Paese, frutto solo di una congiura mediatica, voluta dai poteri forti, interessati al commissariamento delle nostre istituzioni democratiche e della nostra economia (magari con il fine non dichiarato di fare affari a poco prezzo).
Questo disegno può ancora essere battuto. E il modo più semplice è andare alle elezioni prima possibile, con un programma di riforma dell'architettura costituzionale dello Stato, introducendo il presidenzialismo alla francese, e con un programma serio di politica economica, incentrato su una drastica e strutturale riduzione delle tasse sulle famiglie e sulle imprese, finanziata da una equivalente riduzione del debito: via l'Imu sulla prima casa (costa poco più di 3 miliardi) e si tagli per almeno altrettanto, fin dall'anno prossimo, il cuneo fiscale. Il tutto fa 6-7 miliardi di euro, che sono esattamente un punto di pressione tributaria. Si può fare, solo che lo si voglia. Un punto all'anno per tutti i 5 anni della prossima legislatura. Senza svendere i nostri gioielli di famiglia, ma semplicemente facendo diventare capitale vivo il tanto capitale morto nelle mani dello Stato. È questa la vera rivoluzione liberale, checché ne dicano i burocrati conservatori e interessati del Tesoro, che si sono sempre opposti, e continuano a opporsi, per ragioni di potere.
Ridurre il debito si può, anzi si deve. Ponendo questo obiettivo al centro del dibattito politico. La nuova strategia di politica economica non deve essere solo di ingegneria finanziaria, ma deve avere in sé tutta la forza, tutta l'etica, di un cambio di passo, di uno shock finalizzato alla crescita e alla credibilità della nostra finanza pubblica. Perché attraverso meno debito si realizza più mercato, minore pressione fiscale, nuovi investimenti, più capitalismo, più competitività, più occupazione, emersione del sommerso, più responsabilità.
Diventare europei nel debito significa diventare europei a 360 gradi. Nelle istituzioni democratiche, nei mercati, nelle banche, nella finanza, nelle relazioni industriali, nella giustizia, nella politica. Insomma, mettere fine al non più sopportabile compromesso consociativo che dal dopoguerra ha soffocato e soffoca il nostro Paese.
L'occasione per fare tutto questo è la Legge di stabilità che dovrà essere approvata entro fine anno. È questa la grande opportunità che abbiamo per invertire la rotta.

Si spieghi finalmente agli italiani che lo spread è stato un imbroglio, che quella dei compiti a casa è stata una deriva sbagliata ed autolesionista che ha portato solo alla recessione, e che finalmente è ora di respirare aria nuova.

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