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Stamina alla sbarra: «I pazienti usati come delle cavie»

Stamina alla sbarra: «I pazienti usati come delle cavie»

TorinoPensava in grande, Vannoni, quando nel 2006 creò il metodo Stamina. Pensava di trasformare la cura delle staminali in una terapia mondiale, e per fare ciò usava i «pazienti come cavie». È quanto emerge dalla chiusura delle indagini del pm Raffaele Guariniello, che nel 2009 ha avviato l'inchiesta mettendo sotto accusa il metodo e il suo creatore, Davide Vannoni.
Oggi gli indagati sono venti e a 18 di loro è contestata l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, all'esercizio abusivo della professione medica, alla somministrazione ai pazienti di medicinali pericolosi per la salute. Nell'inchiesta, poi, è coinvolto anche Carlo Tomino, responsabile dell'ufficio ricerca e sperimentazione clinica dell'Aifa. A Tomino è contestato di aver consentito a Vannoni di sostenere «d'aver ottenuto l'autorizzazione o il beneplacito dell'Aifa». Un benestare che, secondo l'accusa, Vannoni avrebbe sfruttato nel tentativo di esportare nel mondo Stamina. E in questo progetto un'altra figura chiave è quella di Gianfranco Merizzi, ad di Medestea Internazionale Spa, società che attraverso la sua controllata, Medestea Stemcells, gestiva e coordinava il «progetto staminali». Vannoni e i suoi soci puntavano a sbarcare in Messico, Hong Kong e Svizzera. L'organizzazione mirava - con qualunque mezzo, secondo i magistrati - a espandersi in tutto il mondo: ci sono anche una clinica nell'isola di Sal, a Capo Verde, e una hostess attrice che si fingeva infermiera. Un sistema complesso quello messo in piedi da Vannoni, che per portare avanti il progetto aveva anche preteso dai propri collaboratori che Stamina rimanesse una «terapia segreta», impedendo che venissero diffuse informazioni circa la natura dei trattamenti, vantando brevetti mai ottenuti, proclamando accordi di riservatezza a tutela del patrimonio di conoscenze di Stamina Foundation, somministrando ai malati preparati senza conoscerne la natura, gli effetti e i rischi. Pazienti ai quali faceva credere, falsamente, che vi erano elevate possibilità di guarigione e dai quali si faceva pagare fino a 48mila euro. Vannoni sosteneva, secondo l'accusa, che persone non sottoposte a trattamento sarebbero incorse «in un serio pericolo di vita», creando un «clima di tensione sociale» mediante «conferenze, scritte, scritti e anche manifestazioni pesantemente critiche» verso il Capo dello Stato, il presidente del Consiglio, il ministro della Salute.
Ma, stando alle indagini, non solo non sarebbe derivato alcun miglioramento nella salute dei pazienti dalla somministrazione del metodo Stamina, ma si sarebbero «verificati eventi avversi in un numero significativo» di essi, scrive il magistrato. Sono 101 i malati trattati con il metodo Stamina e le cui storie sono state ricostruite dalla procura di Torino e dai carabinieri del Nas, ma sarebbero tra i 700 e i 1.000 i pazienti illusi dal metodo Stamina e non ancora identificati. Pazienti che avrebbero anche subito minacce, come i genitori di una bambina di tre anni che disincantati da Stamina si erano rivolti ai giornali. Uno dei soci di Vannoni li avrebbe allora chiamati e minacciati: «Non avremo alcuna pietà di voi». Accuse, queste, che Vannoni respinge al mittente, annunciando contestualmente che il prossimo 5 maggio la sua biologa Erica Molino, anch'essa indagata, è pronta a riprendere le infusioni sui pazienti degli Spedali di Brescia: «Ci sono 34 pazienti in terapia e altri 150 in lista di attesa», sottolinea il guru di Stamina.

Mentre i suoi legali, Liborio Cataliotti e Pasquale Scrivo, al momento evidenziano quello che per loro è un dato oggettivo: «Ci sono 180 giudici in Italia che hanno autorizzato il metodo Stamina come cura compassionevole, arrivando in taluni casi a ritenere che esse travalichino i confini delle mere cure compassionevoli».

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