Lo Stato che non paga fa male a se stesso: persi 4 miliardi l'anno

È il costo delle sanzioni Ue inflitte per i ritardi E secondo Confartigianato nel 2012 le imprese ci hanno rimesso altri 2,1 miliardi di interessi sui prestiti chiesti alle banche

Lo Stato che non paga fa male a se stesso: persi 4 miliardi l'anno

Interessi sui soldi in prestito, rinuncia agli investimenti, licenziamenti e anche mancate entrate fiscali per lo Stato. Quando la Pubblica amministrazione non paga entro tempi decenti i suoi debiti verso i privati, oltre a minare alla base il rapporto di fiducia tra il cittadino e le istituzioni, innesca una serie di effetti economici negativi che valgono quanto una manovra correttiva.

Difficile quantificarli esattamente, ma un'idea di cosa significhi vivere nel paese con la Pa più lenta a pagare, la danno le analisi delle associazioni di categoria sull'applicazione della direttiva europea sui pagamenti. Nel 2012 in termini di oneri finanziari, secondo le stime di Confartigianato, i ritardi sono costati alle imprese 2,1 miliardi di euro. Soldi che gli imprenditori sono stati costretti a prendere in prestito dalle banche, portando come garanzia il credito degli enti pubblici.

Risorse sottratte agli investimenti non dalle banche che pochi giorni fa sono state oggetto di un attacco del premier Matteo Renzi («Basta alibi, le imprese vanno finanziate»), ma dagli enti pubblici. Liquidità preziosa sottratta alle aziende, che già devono scontare un ambiente ostile all'iniziativa privata. In larga parte per colpa di quelle pubbliche Amministrazioni che non le pagano.

Tanto per dare una misura, il taglio Irap deciso dal governo di Matteo Renzi vale tre miliardi di euro. È vero che ora lo stock del debito pregresso rispetto al 2012 si è ridotto, ma le amministrazioni hanno continuato a pagare in ritardo e ai vecchi debiti se ne sono aggiunti di nuovi. Qualche decina di miliardi, verosimilmente più di 50, di fatture emesse e non saldate, che frenano le attività delle aziende e costringono imprenditori e professionisti a indebitarsi pagando interessi per circa due miliardi di euro.

I debiti commerciali non pagati, e i ritardi nei pagamenti della Pa che continuano, con buona pace delle tirate d'orecchie Ue (siamo ancora i peggiori pagatori con 180-210 giorni di ritardo) costano anche allo Stato. Basti pensare che le sanzioni previste dalla direttiva, dalle quali la Pa non può scappare, sono dell'8,15%. Circa 4 miliardi all'anno che se ne vanno, questa volta dal bilancio dello Stato. Quanto le tasse sulle prime case.

Il rispetto della direttiva sui pagamenti per la quale il vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia, insomma, potrebbe valere in positivo quanto una manovra virtuosa. Come minimo sei miliardi, tra misure per favorire il credito alle imprese (eviterebbero di pagare due miliardi di interessi) e tagli per 4 miliardi a una spesa pubblica improduttiva (gli interessi sui debiti scaduti).

I costi non gravano solo sulle aziende creditrici. Paga tutta la filiera e l'indotto, precisa il rapporto della confederazione guidata da Giorgio Merletti. Quindi non sono coinvolte solo le aziende che hanno rapporti con gli enti pubblici.

Chiaramente ci vanno di mezzo anche i dipendenti. Nell'ultima indagine sulle aziende creditrici, è emerso che nel 2013 il 37% delle piccole imprese italiane è stato costretto a prendere contromisure per fare fronte ai mancati pagamenti del pubblico.

In dieci casi su cento c'è stata una rinuncia a investimenti, comprese le assunzioni. L'8% delle aziende ha a sua volta ritardato pagamenti nei confronti dei suoi fornitori, il 7% ha chiesto prestiti e il 6% ha ritardato gli stipendi.

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