Di annuncio, in annuncio ora Renzi corre anche all'indietro nel tempo. Dopo aver messo mano al Paese, il premier prova a sistemare anche la sua storia. Suggestioni & propaganda: difficile dire se oltre al fumo, agli effetti speciali e allo sfoggio del vocabolario inglese - questa volta arriva la disclosure - ci sia anche l'arrosto. In ogni caso, il capo del governo va dritto per la sua strada e firma a Palazzo Chigi la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ad alcuni tragici capitoli della storia italiana. L'elenco delle stragi per cui scatta l'operazione trasparenza fa tremare le vene dei polsi: Piazza Fontana, Ustica, Peteano, Italicus, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, Stazione di Bologna, rapido 904. Si tratta, per la stragrande maggioranza dei casi, di massacri su cui non si è raggiunta una verità giudiziaria, e dunque qualcuno penserà che il gesto del premier possa aprire uno squarcio verso la conoscenza fin qui mancata. In realtà la mossa ha un grande valore simbolico e contribuirà certamente a non disperdere la memoria storica del Paese. Di qui a dire che i cassetti delle trame occulte, dei complotti e dei burattinai finalmente non avranno più segreti ce ne corre.
Infatti Beppe Grillo va all'attacco: «Renzie e il segreto di Stato. L'abbiamo smascherato in mezzo secondo. Basta balle». E Paolo Guzzanti, ex presidente della Commissione Mitrokhin e candidato di Forza Italia alle Europee, mette le mani avanti: «Se Renzi promette la desecretazione dei segreti di Stato, allora è un imbroglio perché non c'è alcun segreto di Stato sui documenti delle stragi». Insomma, al di là dei titoloni, la notizia dev'essere pesata bene. E lo stesso sottosegretario con delega alla sicurezza Marco Minniti, fra gli ispiratori dell'atto, chiarisce i limiti della novità: «La declassificazione degli atti non vuole avere un impatto sulla verità giudiziaria, visto che i procedimenti sono tutti conclusi, ma può servire a una ricostruzione della verità storico-politica».
Si lavora appunto per la memoria collettiva anche se si lascia intendere quel che non è: ovvero una presunta volontà delle Stato di fare piazza pulita al proprio interno e pubblicare carte prima nascoste. In realtà la direttiva consente il versamento anticipato di carte classificate e dunque riservate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato. Questi documenti andranno all'Archivio centrale senza dover attendere i 40 anni canonici, come è oggi. Si accelerano i tempi, ma non c'è la caduta di qualche fantomatico segreto di Stato. Insomma, ancora una volta Renzi compie un'operazione di marketing più che di sostanza.
Ci vorranno mesi, ma si comincia. Fra fanfare e squilli di tromba. «L'imponenza della documentazione - prosegue Minniti - non ha precedenti se non il caso Moro. Non sappiamo ancora esattamente quanti saranno i documenti declassificati, ma la mole sarà sicuramente molto importante». E Renzi enfatizza il passaggio: «Considero la decisione di oggi un dovere nei confronti dei cittadini e dei familiari delle vittime di episodi che restano una macchia oscura nella nostra memoria comune». Per Grillo, invece, si tratta di «balle». Punto e fine della poesia civile. Nicola Biondo, responsabile comunicazione dei 5 Stelle alla Camera, va anche oltre: «Il segreto di Stato sulle stragi non esiste. Questa è la solita cinica televendita per dire qualcosa di sinistra».
Più ragionato e articolato il parere di Felice Casson, parlamentare del Pd ed ex pm che a lungo ha indagato sui misteri d'Italia: «Non c'è nessun segreto di Stato sulle stragi. Non su quelle cosiddette classiche.
E allora, avanti con lo spot.
di Stefano Zurlo
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