Poco mosse, quasi immobili. La riconferma di Angela Merkel è stata accolta ieri dalle Borse senza particolari scossoni, a cominciare da Francoforte (-0,47%) e Milano (-0,32%). Visto che i movimenti frazionali sono spesso un'espressione d'incertezza, la lettura più facile è che i mercati stiano ancora cercando di decifrare quali scelte farà la Cancelliera per mettere in piedi una coalizione di governo. È però altrettanto possibile che la mancata reazione sia riconducibile alla convinzione che nulla cambierà nelle linee-guida che hanno fin qui ispirato l'azione di Frau Angela. Soprattutto sul versante del rigore da imporre, più che alla Germania, ai partner dell'eurozona. «La nostra strategia anti-crisi in Europa non cambierà», ha subito chiarito - se mai ve ne fosse bisogno - la Kanzlerin.
Meglio dunque trovare in Mario Draghi la sponda per una gestione della crisi con più margini di manovra. Davanti all'Europarlamento, il presidente della Bce ha preso ieri spunto da una ripresa che prosegue «lentamente» per assicurare che l'Eurotower manterrà il costo del denaro ai minimi storici ancora a lungo, nonostante ciò comporti «a lungo termine rischi» per la stabilità finanziaria. Sulle armi non convenzionali da usare per il rilancio economico, Draghi ha per la prima volta confermato le indiscrezioni circolate nei mesi scorsi relative a una seconda ondata di rifinanziamenti straordinari prolungati, e a tassi super-agevolati, da mettere nelle mani delle banche. «La Bce è pronta, se necessario, a usare qualunque strumento, anche un'altra operazione Ltro (Long term refinancing operation, ndr) per garantire la corretta liquidità delle banche», ha annunciato. Dei 1.000 miliardi di euro messi a disposizione tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, 237 miliardi sono finiti alle banche italiane, per poi essere investiti soprattutto nell'acquisto di titoli di Stato con l'obiettivo di raffreddare lo spread Btp-bund.
Finora, il rimborso dei prestiti è andato a rilento, con poco più di 300 miliardi restituiti nel complesso, di cui solo 18 da parte dei nostri istituti. Eppure, Draghi ha di nuovo posto l'accento sul fatto che questi finanziamenti «non si sono ancora trasferiti in un maggiore afflusso di credito» all'economia reale, senza tuttavia chiarire se un'eventuale nuova Ltro prevederà regole diverse sull'utilizzo dei fondi.
Quanto allo scudo anti-spread, su cui si pronuncerà a fine settembre la Corte costituzionale tedesca, il numero uno della Bce ha ricordato che il meccanismo è «uno strumento di politica monetaria», e l'istituzione «non ha alcuna intenzione» di utilizzarlo per affrontare i problemi dei Paesi sulla gestione dei conti pubblici. Problemi che vanno affrontati puntando sul risanamento delle finanze pubbliche attraverso «una piena attuazione» delle riforme strutturali e agevolando la crescita con «meno spesa e meno tasse».
Sono i miliardi
Sono i miliardi finiti alle banche italiane, utilizzati soprattutto nell'acquisto di titoli di Stato per placare lo spread
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