Così il Pride "usa" i bambini per fare politica

Durante la manifestazione di Milano numerosi i bambini, a terra e sui carri, sono stati strumentalizzati per chiedere l'utero in affitto

Così il Pride "usa" i bambini per fare politica
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Il Milano pride, così come tutti i pride, ormai, ha smesso di essere una manifestazione per il riconoscimento dei diritti delle coppie Lgbtq ed è diventato qualcosa di diverso. Qualcuno potrebbe obiettare che i partecipanti al Pride continuano a chiedere diritti, visto il tenore della manifestazione, ma la genitorialità non è un diritto e non lo è nemmeno accedere alla pratica dell'utero in affitto. Pratica che per essere percepita in modo meno brutale viene chiamata gravidanza per altri, ma il significato non cambia. E non diventa un diritto la genitorialità nemmeno si si portano a sfilare al pride i bambini. Tanto meno lo diventa se si tira in ballo la figlia del presidente del Consiglio, che non ha nemmeno sette anni.

Ora, la comunità rainbow e i loro sostenitori nella politica cercano dar spallate al governo per il blocco delle registrazioni dei figli omogenitoriali. Ma gli esponenti politici che oggi chiedono a questo governo di intervenire sui bambini già esistenti, cosa che il ministro Roccella sta studiando mediante sanatoria, sono gli stessi che non sono intervenuti dopo la sentenza di Cassazione. E hanno avuto tempo 10 anni per una modifica a quella sentenza, fino al 25 settembre 2022, invece di limitarsi solamente a ignorare la sentenza, pratica scorretta. Invece hanno preferito mettere la testa sotto la sabbia e lasciare scorrere il tempo, al contrario di Matteo Piantedosi che con una circolare ha fatto quello che impone l'ordinamento italiano: chiedere l'adeguamento in rispetto alla Corte Cassazione.

Su carro, in realtà un trenino, delle famiglie Arcobaleno al Pride di Milano, ma anche nel corteo, in mezzo alla folla, c'erano diversi bambini. Alcuni avevano le insegne rainbow, altri indossavano le magliette slogan contro il governo. "È l'amore che crea una famiglia", si legge nella t-shirt indossata da un bimbo durante la parata. E non è tanto la presenza dei bambini a questa manifestazione che è sbagliata, è la loro strumentalizzazione, l'utilizzo che ne viene fatto come arieti contro un governo che si sta limitando ad attenersi alla legge. "Noi siamo qui al Pride anche per le coppie di uomini e credo che tutti dobbiamo lottare per i diritti dei nostri figli. Non basta una sanatoria come dice il ministro Roccella, serve una legge", dichiara una donna.

L'arte di non accontentarsi mai è ben definita in questa frase, nonostante un ministro di centrodestra stia facendo più di quanto abbia mai fatto un governo di sinistra per questa situazione. E non è sicuramente coinvolgendo Ginevra, la figlia di Giorgia Meloni, che si ottengono risultati. "Giorgia, tu ancora non lo sai... E se un giorno Ginevra facesse parte di sto pride?", si legge in un cartello esibito durante la manifestazione.

Un manifesto che tenta di mettere in dubbio la capacità del premier di sostenere e amare sua figlia nel caso partecipasse al Pride. Eppure, da parte del premier, non ci sono state esternazioni contro la libertà di amare.

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