Super pensione e benefici dell'austero Zagrebelsky

Difende il Senato e per soli otto mesi da numero uno della Consulta incassa un vitalizio da 200mila euro

Super pensione e benefici dell'austero Zagrebelsky

Roma - Otto mesi. L'austero Gustavo Zagrebelsky, fustigatore dei tagli e difensore dello status quo di Senato e non solo, è stato uno dei presidenti della Corte costituzionale di breve periodo. Una lunga schiera, che oggi percepisce pensioni d'oro grazie a una forsennata rotazione sullo scranno più alto, per assicurare al maggior numero possibile di giudici il massimo degli scatti retributivi.
Il costituzionalista piemontese, diventato icona del grillismo dopo esserlo stato della sinistra, è stato nominato dal presidente della Repubblica il 9 settembre 1995 alla Consulta e ne è diventato primus inter pares il 28 gennaio 2004. Il 13 settembre successivo ha lasciato la carica.

Il presidente dei Quindici di regola dovrebbe rimanere al suo posto per 3 anni, ma giusto Paolo Rossi negli anni '70 è arrivato ai 2 anni e mezzo, mentre soprattutto negli ultimi decenni si è arrivati senza remore moraliste a presidenze di pochi mesi, addirittura sotto i 30 giorni.
Zagrebelsky non si è sottratto a questa regola-privilegio. D'altronde, il primo della Consulta ha un'indennità di rappresentanza pari a un quinto della già ricca retribuzione degli altri. E si va via dal Palazzo con una lauta pensione che grava non poco sulle casse dello Stato.

In più, ai tempi suoi e fino a tutto il 2011, c'era il diritto all'auto blu a vita, poi ridotto a un solo anno dopo la fine del mandato. E se è vero che oggi il servizio vettura più due autisti a rotazione costa circa 750 euro al giorno, come ha calcolato il consigliere del premier Matteo Renzi, Roberto Perotti, si arriva a cifre siderali solo calcolando il suo utilizzo di questo benefit nei 7 anni di pensione.
Se si riflette sul fatto che oggi circolano ancora una ventina di presidenti emeriti, pensionati d'oro, si può capire quanti danni possa aver fatto la regola della presidenza-lampo.
Non si ricordano interventi del professore contro questa consuetudine, sempre più consolidata tra i giudici delle leggi. Né tantomeno autocritiche alle spese della mastodontica macchina che sorregge il lavoro dei supergiudici custodi della Costituzione. Non si ricordano né allora né oggi, che la parola d'ordine per tutti i normali cittadini è spending review.

Anche su questo punto, evidentemente, per Zagrebelsky andava salvaguardato lo status quo, pure se costruito su privilegi ingiustificabili soprattutto in periodi di crisi e di sacrifici chiesti anche agli ultimi del Paese.
Oggi gli italiani pagano la pensione a 235 persone della Consulta, ma solo per i 22 ex giudici costituzionali e i 9 coniugi superstiti se ne vanno circa 6 milioni di euro, secondo Perotti, che calcola in 200mila euro l'anno la pensione media (quando quella per il personale, che già gode di livelli retributivi molto alti, è di 68mila euro).


Il fatto che su 22 giudici pensionati ben 20 siano presidenti emeriti la dice lunga. Solo dagli anni '80 a oggi di «numero uno» se ne sono contati ben 28 e in pochi hanno superato l'anno di carica. Pochi mesi sono diventati la norma. Anche per i più moralisti dei moralisti.

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