Tensione sul lavoro: gelo tra Monti e Alfano

L'asse Pdl-Marcegaglia infastidisce il Prof. E nel pomeriggio salta il summit tra Alfano, Bersani e Casini

Tensione sul lavoro: gelo tra Monti e Alfano

Roma - Basta tornare con la mente alla scorsa settimana e allo scambio di siluri sotto la li­nea di galleggiamento tra Emma Marcega­glia­ e Mario Monti per aver chiaro quanto po­co il premier abbia gradito i paletti che gli ha presentato ieri Angelino Alfano durante un faccia a faccia di quasi un’ora a Palazzo Chi­gi. Un incontro che pare non sia andato affat­to bene, con il segretario del Pdl a chiedere una modifica del ddl lavoro soprattutto nel­la parte che riguarda le assunzioni e Monti a replicare che il testo così com’è ha ormai rag­giunto un suo equilibrio. Un dialogo tra sor­di, insomma.

Con in più il fastidio del Professore, nem­meno troppo dissimulato, per l’asse tra via dell’Umiltà e la Marcegaglia.Quasi una pro­vocazione per Monti che, forse per la prima volta da quando è premier, aveva perso il suo proverbiale aplomb proprio per replica­re alle critiche arrivate dall’ex numero uno degli industriali dalle colonne del Financial Times . «Fino a tre mesi fa Confindustria una riforma del genere se la sarebbe sognata», aveva replicato Monti via Tg1 . Scontato, dun­que, che il premier non abbia per nulla visto di buon occhio il fatto che qualche ora prima di presentarsi a Palazzo Chigi Alfano abbia incontrato a via dell’Umiltà la Marcegaglia e che i due abbiano fatto sapere urbi et orbi di essere d’accordo sulla necessità di modifica­re la flessibilità in entrata.

Un incontro teso, dunque. Nonostante Al­fano abbia più volte assicurato al Professore che l’appoggio al governo non è in discussio­ne e che il Pdl punta soltanto a delle modifi­che migliorative che tengono conto anche delle richieste della sua base elettorale.D’al­tra parte, a maggio ci sono le amministrative e quello di Alfano non è l’unicopartito a pre­occuparsi di dover pagare un prezzo alto al sostegno al governo. E su questo approccio pesa non solol’ala deiduri e puri del Pdl che mai ha digerito l’appoggio all’esecutivo, ma anche il fatto che a Pier Luigi Bersani e alla Cgil sono state tolte le castagne dal fuoco sul­l’articolo 18 senza colpo ferire. La quadra, in­somma, per il momento ancora non c’è.Tan­to che il vertice Alfano- Bersani-Casini in pro­gramma nel primo pomeriggio di ieri finisce per saltare. Meglio aspettare di vedere gli emendamenti del Pdl su flessibilità in entra­ta, aumento del costo del lavoro dal punto di vista contributivo a carico dell’impresa, ap­prendistato e partite Iva. Solo allo si potrà ca­p­ire quali sono i margini per eventuali modi­fiche, comunque in un clima che Fabrizio Cicchitto ribadisce di «collaborazione con il governo Monti». Anche perché, spiegava mercoledì durante una riunione il capogrup­po alla Camera, «alla fine il testo dovremo co­munque votarlo» perché «non ci possiamo certo permettere di far cadere il governo».

Ma non c’è solo il capitolo lavoro a rende­re faticosa la navigazione dell’esecutivo. La questione fiscale, infatti, è quella che più pre­occupa a via dell’Umiltà dove temono che quando a maggio arriverà la botta dell’Imu ci saranno molti elettori di centrodestra a ri­tenere il Pdl «corresponsabile» degli aumen­ti. Non è un caso che ieri sia arrivata una piog­gia di emendamenti al dl fiscale in Commis­sione Finanze della Camera, quasi tutte sul­la nuova imposta sulla casa. Tra questi, dice Alfano a sera,c’è ne è anche uno del Pdl«per far sì che l’Imu possa essere pagata non in un’unica soluzione ma a rate». «Crediamo ­spiega il segretario del Pdl- che questo sia un vero aiuto per le famiglie italiane».

Tutte grane che comunque alla fine trove­ranno

soluzione se pure uno da sempre mol­to critico con il governo come l’ex ministro Altero Matteoli si dice convinto che «Monti andrà avanti fino al 2013»perché anche l’ipo­tesi di un voto a ottobre «mi sembra ormai ab­bandonata».

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