Politica

Tensioni tra gli azzurri: il giorno del chiarimento

Confronto acceso alla Camera. La Gelmini: "Fi discute, poi si schiera unita". Un nuovo vertice già in calendario

È un confronto aperto e non preordinato, un dialogo trasparente e diretto quello che va in scena nella riunione congiunta dei gruppi parlamentari di Forza Italia. Senatori e deputati si ritrovano nel primo pomeriggio nella Sala della Regina di Montecitorio per confrontarsi sul nuovo incontro mattutino tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Gli umori sulla riforma del Senato non sono univoci. Da una parte c'è chi ritiene che la fine del bicameralismo perfetto, la riduzione dei senatori e il nuovo metodo di selezione dei rappresentanti territoriali rappresenti un passo in avanti necessario. Dall'altra chi, invece, spinge affinché il Senato resti elettivo e mette in guardia dalla «elezione di terzo grado» - ovvero i cittadini scelgono i consiglieri regionali e i sindaci, i quali a loro volta indicano i senatori, che poi eleggono il capo dello Stato - un sistema che potrebbe far scattare un effetto boomerang per un partito che non basa la sua forza sul radicamento territoriale.

Berlusconi, comunque, non chiude la porta e alla fine di una lunga discussione durata quattro ore aggiorna la riunione a martedì prossimo, promettendo una riflessione sui vari appunti sollevati. Quelli che si schierano nettamente a favore dell'elezione diretta dei senatori, chiedendo che si mantenga la piena potestà dei cittadini, sono Giacomo Caliendo, Cinzia Bonfrisco, Augusto Minzolini, Ciro Falanga. Non nascondono perplessità neppure Renato Brunetta e Daniele Capezzone. Contrario anche Maurizio Bianconi, battagliero deputato toscano, che contesta la linea dell'appeasement con Renzi e dichiara provocatoriamente «chiusa la stagione di Forza Italia come forza di opposizione», mentre Pietro Laffranco manifesta «forti dubbi» sulla riforma del Senato, sugli effetti dell'Italicum e sull'assenza dell'elezione diretta del presidente della Repubblica nell'accordo-quadro con il Pd.

Molti altri interventi sono invece favorevoli al pieno rispetto del patto del Nazareno. Tra questi Paolo Romani, Denis Verdini, Maurizio Gasparri. Oppure Mariastella Gelmini che subito dopo la fine della riunione affida a un tweet il suo pensiero: «Forza Italia discute, si confronta e si schiera unita come sempre per le riforme». E Giovanni Toti spiega che «Berlusconi è convinto che il cammino delle riforme debba proseguire per il bene delle istituzioni e del Paese». Tra gli azzurri prevale la linea di lasciare al presidente le redini della trattativa. Lo stesso Renato Brunetta, critico verso il ddl costituzionale, conclude il suo intervento rivolgendosi direttamente all'ex premier: decidi tu, purché poi sia una decisione seguita unitariamente da tutti i parlamentari. I favorevoli invitano a tenere d'occhio la tempistica delle riforme. In sostanza, è il ragionamento sviluppato, il fatto che il voto costituzionale sul nuovo Senato preveda due letture consente di verificare la tenuta dell'accordo sull'Italicum, ovvero sulla nuova legge elettorale, e misurare su di esso la credibilità e l'affidabilità di Renzi rispetto alle richieste azzurre. Se il premier dimostra di saper rispettare i patti si va avanti sulla riforma del Senato, altrimenti salta tutto.

Naturalmente adesso bisognerà misurare la tenuta di Forza Italia a Palazzo Madama dove si annidano - specularmente a quanto avviene nel Pd - le perplessità maggiori. In vista del voto d'Aula gli occhi di tutti saranno puntati soprattutto sui senatori del Sud.

Non è escluso, però, che l'invito di Berlusconi a serrare le file del partito possa evitare spaccature e voti in dissenso.

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