La Guerra ritratta: ho mentito, volevo soldi

Colpo di scena. La teste chiave ritira la costituzione di parte civile: "False accuse alla Minetti". E il Csm censura il pm Fiorillo

Barbara Guerra all'esterno del palazzo di Giustizia di Milano
Barbara Guerra all'esterno del palazzo di Giustizia di Milano

Milano - «Ero arrabbiata. Ed era il modo più semplice per farmi dare dei soldi». Così, con disarmante candore, la bella e procace Barbara Guerra spiega al tribunale del caso Ruby di essersi costituita parte civile nel processo contro Nicole Minetti senza nessun buon motivo: se non una sorta di ripicca verso la Minetti, che in una dichiarazione pubblica l'aveva inserita nell'elenco delle allegre fanciulle delle feste di Arcore. Di fatto, invece di querelare la Minetti per diffamazione, la Guerra ammette di avere ritenuto più sbrigativo accusarla di un reato infinitamente più grave: cioè di averla indotta a prostituirsi a favore di Silvio Berlusconi. Non era vero niente, spiega ieri la Guerra in tribunale. Non mi sono mai prostituita, non mi sono mai spogliata, e alle tante feste cui ho partecipato ad Arcore non ho mai assistito a nulla di lascivo. E allora perché si è costituita parte civile, proclamandosi vittima di Nicole Minetti? «Perché ero arrabbiata per le sue dichiarazioni. E volevo un risarcimento».
Di recente la Guerra ha ritirato il suo atto d'accusa. Perché l'abbia fatto, non è chiarissimo. Dalla Minetti giura di non avere ricevuto un euro, e nemmeno la lettera di scuse che le era stata promessa. Da Berlusconi, invece, dice - come tante altre ragazze finite nel tritacarne del caso Ruby - di averne ricevuti parecchi, una media di due o tremila al mese, fin da quando il caos è iniziato, e «a livello mediatico sono stata massacrata». Ma i soldi di Berlusconi, spiega al tribunale, non hanno a che vedere con la decisione di revocare la costituzione di parte civile. «L'ho fatto semplicemente perché volevo che di me e di questa storia non si parlasse più».
Convincente o inverosimile che sia la spiegazione della retromarcia, resta in tutta la sua gravità l'ammissione di avere compiuto un atto giuridico impegnativo come la costituzione di parte civile unicamente per fame di quattrini. «Ma lei cosa c'era scritto nell'atto lo aveva letto?», le chiede il pm Antonio Sangermano. «Mi sono fidata del mio avvocato dell'epoca», replica lei. Ben sapendo che con la sua ammissione getta una luce di sospetto anche sulle altre quattro ragazze che, pur giurando di non avere mai accettato avances dal Cavaliere, si sono proclamate vittime di Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora per essere state portate ad Arcore. «Ero arrabbiata con la Minetti», ripete la Guerra: anche perché «quando io ho conosciuto il presidente lei faceva ancora l'igienista dentale». E indica come data cruciale della sua decisione di mollare tutto il giorno in cui, al termine di una trasmissione cui aveva partecipato, «a telecamere spente il conduttore mi disse davanti a tutti: e adesso andiamo a fare il bunga bunga». Poco dopo, la Guerra indica l'autore della battutaccia nel giornalista Mino Taveri.
Intanto, dal Consiglio superiore della magistratura arriva un'altra notizia significativa sul fronte del caso Ruby: il Csm infligge una sanzione a Annamaria Fiorillo, il pm minorile che dichiarò ai telegiornali di essersi opposta al rilascio di Ruby chiesto da Berlusconi.

La poliziotta che dispose il rilascio dà una versione assai diversa. Ma il Csm, anticipando il giudizio del tribunale, dice che la versione corretta era quella della Fiorillo. E per le sue esternazioni tv le infligge solo una censura.

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