Roma - Ruby, Lavitola, Tarantini e ieri di nuovo Ruby. Sono dieci giorni che - dopo cinque mesi sottotono in nome del nuovo clima da volemosebbene con loden - le procure sono tornate alle ribalta e Silvio Berlusconi di nuovo sotto i riflettori. Con tutti gli ingredienti che hanno caratterizzato gli ultimi mesi passati dal Cavaliere a Palazzo Chigi, fuga di notizie e intercettazioni in pasto ai giornali comprese. Questo, almeno, è il ragionamento che faceva ieri l’ex premier in privato, dopo aver ascoltato le intercettazioni delle conversazioni di Ruby pubblicate in esclusiva da repubblica.it. Tutte telefonate registrate dalla polizia giudiziaria del tribunale di Milano, su ordine del gip.
Secondo il Cavaliere, insomma, «l’accerchiamento di queste ultime settimane» non è casuale. E poco importa - lo faceva notare ieri l’ex premier a uno dei suoi interlocutori - che nella telefonate incriminate Ruby dica di non aver mai fatto sesso con Berlusconi, perché l’obiettivo «sputtanamento» è comunque raggiunto. «Come ai bei tempi che hanno portato alle dimissioni del governo», fa notare ironicamente un ex ministro del Pdl. Ma se qualche giorno fa Berlusconi aveva confidato in privato di vedere un clima da «campagna elettorale», ora il timore è anche un altro. E cioè che il riaccendersi dei riflettori su inchieste e processi sia un modo per provare a mettere all’angolo il Cavaliere in un momento in cui la politica italiana ha deciso di buttarsi sulla conquista della Terra di mezzo. Pier Ferdinando Casini lancia la corsa al centro, Beppe Pisanu insegue - seppur con una prospettiva diversa - con la lettera dei 29 senatori e Angelino Alfano rilancia e prova a sparigliare. Con i cosiddetti «tecnici» - non solo quelli che stanno al governo - lì a guardare e aspettare di capire come andrà a finire. E siccome il braccio di ferro di chi vuole accaparrarsi il blocco sociale che fa riferimento al centrodestra è proprio sul ruolo che dovrà avere Berlusconi nella futura aggregazione centrista (qualunque sia il suo nome), potrebbe non aver torto un uomo da anni vicinissimo al Cavaliere quando dice che «le procure sono tornate in prima fila per lasciargli intendere che dovrebbe andare ad Antigua». E aggiunge: «Come non è stato casuale che nei primi cinque mesi di governo Monti le inchieste siano praticamente sparite, non è casuale che da dieci giorni a queste parte siano tornate in prima pagina».
D’altra parte, non è un mistero che Casini pensi a un centro sotto le insegne del Ppe in cui Berlusconi non abbia più alcun ruolo, a differenza non solo di Alfano ma probabilmente pure di un Pisanu convinto che la nuova aggregazione debba avere «diversi rami» e «una leadership collettiva». E in effetti, se il Cavaliere vuole «restare in gioco» non è poi così facile costringerlo alla pancchina. Soprattutto finché il nuovo contenitore centrista non ha una leadership unificante. E il fatto che in pochi mesi Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli siano arrivati agli stracci nella ridotta del Terzo polo dimostra quanto questa sia lontana.
Ma ieri per Berlusconi è stata anche la giornata del dopo presidenziali francesi. Sulle quali si è scaldato fino a un certo punto. Il Cavaliere, infatti, certo non fa il tifo per Francois Hollande ma ormai da tempo il rapporto con Nicolas Sarkozy non è dei migliori.
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