Politica

La toga del caso Mediaset voleva cacciare Minzolini

Il giudice cassazionista Antonio Esposito, presidente del collegio che ha condannato Silvio Berlusconi, si confida senza reticenze con commensali occasionali e giornalisti amici. Il magistrato Claudio D'Isa, giudice a latere del medesimo collegio, preferisce invece la bacheca di Facebook. Un pubblico più vasto e meno selezionato al quale rivelare passioni, amicizie e antipatie.
Una cinquantina di amici, tre foto, scarne indicazioni biografiche (vive a Piani di Sorrento, liceo classico, laurea in giurisprudenza, magistrato presso il ministero della Giustizia), una spiccata predilezione per cani e gatti accompagnata da proteste indignate per le violenze sugli animali. Non sopporta nemmeno «tutti quelli che, napoletani o comunque dell'hinterland tifano per squadre nordiste i cui tifosi locali ci schifano...»: a loro consiglia una «medicina buona e giusta» chiamata Sinalatrin forte. Un lassativo che circola dalle parti dello stadio San Paolo.
Assieme a torturabestie e tifosi partenopei traditori della squadra azzurra, al riservato ed equanime giudice D'Isa stanno sullo stomaco - proprio come al collega Esposito - i berlusconiani. In particolare Augusto Minzolini, l'ex direttore del Tg1 che rischia un processo per abuso d'ufficio avendo sostituito la giornalista Tiziana Ferrario dalla conduzione del primo telegiornale Rai. Tra le numerose «condivisioni» su Facebook spicca infatti un evento del 26 settembre 2010. È una pagina creata da «Libertà di stampa» intitolata così: «Parla con me andrà in onda. Leggi come far licenziare Minzolini».
Era una mobilitazione per sollecitare il ritorno su Raitre di Serena Dandini. Questi i nobili motivi: «Che tu sia appassionato o no della sua trasmissione, penso che tu sia abbastanza rispettoso da pensare che vadano espressi tutti i punti di vista, e che il confronto arricchisca sempre». E più sotto: «Chi rispetta le opinioni altrui deve essere pronto a difendere la libertà di espressione di tutti!».
Ci mancherebbe. Purtroppo però erano parole vuote e false. Perché se sei un giornalista di centrodestra non meriti rispetto e tutela. Infatti, subito dopo aver ottenuto la riconferma del programma con la Dandini, i sinceri democratici e difensori della libertà di espressione (tra cui il giudice D'Isa) hanno cambiato obiettivo: «Ora vogliamo un atto di civiltà: le dimissioni di Minzolini. Se ti interessa mandare a casa (o da qualche altra parte) Augusto Scodinzolini (o Minzulpop), clicca su questo link e segui le istruzioni». Il link è un'ulteriore pagina Facebook grondante insulti verso l'allora direttore del Tg1.
Insomma, in nome di una libertà di stampa ipocrita e unilaterale si chiede di togliere il lavoro a un giornalista. E il giudice Claudio D'Isa, magistrato di Cassazione, condivide e rilancia. Prima difensore della «libertà di espressione di tutti», e poi pasdaran della cacciata di Minzolini.

Equilibrio, equidistanza, riservatezza: ancora una volta, le doti indispensabili perché un magistrato inappellabile possa svolgere serenamente il suo compito appaiono carenti nel collegio che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi.

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