Il "trucco" dei gruppi per prendere ogni anno altri 120 milioni di euro

Non ci sono solo i rimborsi elettorali: una pioggia di denaro va anche alle formazioni in Parlamento e nei consigli regionali

Il "trucco" dei gruppi per prendere ogni anno altri 120 milioni di euro

Roma - Aggiungiamoci anche questi al finanziamento della politica in Italia: 120 milioni di euro, ovviamente all’anno. Cosa sono? Si chiamano «fondi per il funzionamento dei gruppi», cioè soldi che vanno dalle casse centrali ai gruppi che i partiti (gli stessi che ricevono i 200milioni annui in media di «rimborso elettorale») hanno alla Camera, al Senato, e in tutti i consigli regionali d’Italia. Deputati, senatori e consiglieri hanno indennità e abbondanti rimborsi spese, ma i bilanci prevedono fondi aggiuntivi per le loro eventuali spese come gruppo.

Il regolamento del Senato stabilisce che «ai gruppi parlamentari, per l’esplicazione delle loro funzioni, vengono versati contributi a carico del bilancio del Senato, differenziati in relazione alla consistenza numerica dei Gruppi stessi». E Palazzo Madama nel 2010 ha «trasferito», cioè pagato ai gruppi parlamentari, 38.000.000 euro, mentre la previsione per il 2011 è di 37.600.000. E la Camera? In ossequio al bicameralismo perfetto, fa lo stesso.

Nel 2010 Montecitorio ha versato ai partiti sotto forma di gruppi, 35.700.000 euro, così composto nel dettaglio: 11.800.000 come «Contributo per il funzionamento dei Gruppi», 13.050.000 come «Contributo per il personale dipendente dei Gruppi» e 10.850.000 per il «Personale di segreteria dei Gruppi». E per il 2011, 2012 e 2013 si prevede un aumento fino a 36.250.000 annui. Quanto per partito? I partiti non lo dicono, ma una simulazione la possiamo tentare. Il Pdl alla Camera ha incassato in un anno 11.684.296,12 euro, il Pd 9.768.285 euro, la Lega Nord 2.792.672, l’Udc 2.112.545 euro, l’Idv 1.665.921. E poi il Misto, calderone di partitini che prende 5.509.000 euro (sì, ma chi li amministra?).
«Sono soldi che non possono andare al partito, ma solo al gruppo parlamentare» si difendono i tesorieri dei partiti, che respingono l’accusa di un finanziamento aggiuntivo alle casse di partito. Già, ma chi controlla che le due casse non si mescolino?

I tesorieri dei partiti? Lusi e Belsito? O quelli dei gruppi? Perché ogni gruppo ha il suo tesoriere. In verità, se i bilanci dei partiti sono opachi o «facilmente falsificabili» (Rutelli), quelli dei gruppi non esistono proprio. Il senatore del Pd Paolo Giaretta ha provato a chiedere una rendicontazione anche per i milioni gestiti dai tesorieri dei gruppi, finora inutilmente. «Bisogna prevedere uno schema di bilancio a cui i gruppi devono conformarsi per ottenere i fondi, in modo da garantire trasparenza, visto che si tratta di soldi pubblici. Insindacabilità non vuol dire opacità» dice il senatore. Altrimenti qualcuno, dentro i gruppi, può gestirli in totale autonomia, senza che neppure i deputati o senatori sappiano come (quando Chiara Moroni era tesoriere del gruppo Pdl alla Camera, si disse che per l’allora vicepresidente del gruppo Italo Bocchino fu assegnata un’indennità aggiuntiva di 100mila euro l’anno, mai smentita...). «Sono i capigruppo a gestire in totale autonomia i contributi a ciascun gruppo - conferma il senatore ex Idv Giuseppe Astore - io l’ho detto più volte: dobbiamo obbligare i gruppi a dotarsi di una contabilità pubblica, con revisione dei conti esterni. Sennò succede quello che vediamo, la corsa a creare nuovi gruppi per ottenere altri finanziamenti. I parlamentari fanno pazzie pur di creare gruppi nuovi! E le Regioni scimmiottano questa pratica e moltiplicano i gruppi anche loro».

Già le Regioni. Qui, come fondi ai gruppi consiliari, ballano altri 45 milioni di euro all’anno. I bilanci regionali prevedono un fondo per il funzionamento dei gruppi, che infatti proliferano. Nel consiglio del Lazio ci sono 14 gruppi, il Molise ha 30 consiglieri e 16 gruppi (in media uno ogni due consiglieri), la Basilicata 30 consiglieri e 12 gruppi. Spesso sono gruppi di un solo consigliere, che è capogruppo di se stesso (e come capogruppo ha una retribuzione più alta rispetto ai consiglieri normali, anche mille euro in più al mese). In Basilicata il gruppo dell’Api ha un solo consigliere-capogruppo, così anche «Io Amo la Lucania», «Per la Basilicata», i «Popolari uniti», il Psi, Sel e Mpa. Soli ma felici.
La spesa varia. Regione Emilia Romagna nel 2011 ha stanziato per i gruppi consiliari 4.976.000 euro: 2.326.000 euro per le spese di funzionamento e 2.640.000 euro per il personale. In Molise un gruppo (si fa per dire) di soli tre consiglieri riceve, oltre agli stipendi e ai rimborsi, 196.000 euro per il suo «funzionamento», cioè per il funzionamento dei tre consiglieri. In Toscana ci sono 795mila euro allocate come «Spese per il funzionamento dei gruppi consiliari».

Dentro ci sono i soldi per il personale dei gruppi. E se un gruppo non ha dipendenti? Scatta il «finanziamento sostitutivo per mancata assegnazione di personale», come ha scoperto il Gazzettino in Veneto.

Si calcola che la media delle spese per il funzionamento dei gruppi consiliari sia di 2.200.000 euro ciascuna. Moltiplicato per 20 regioni fa circa 45.000.000 euro l’anno. Un altro affluente da aggiungere al fiume dei soldi pubblici per i partiti.

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