Vendola trova un nuovo nemico: adesso vuol rottamare Renzi

Il leader Sel attacca l'astro nascente pd: "Subalterno al liberismo che fa male all'Italia". La replica: "Io le cose di sinistra non le dico, le faccio nella mia città"

Vendola trova un nuovo nemico: adesso vuol rottamare Renzi

Chi rottama il rottamatore? Nichi Vendola (nel tondo) alza il dito: lo faccio io. Motivi ce ne sono a iosa: perché incarna l'odiato e disastroso liberismo, perché vuole apertamente seguire l'agenda Monti («E io gioco le primarie per battere Monti»). Perché, in fondo, fare un favorino a Bersani potrebbe essere l'unico modo per ottenere un po' di pepe di sinistra in quella che potrebbe rivelarsi la ricetta Monti-senza-Monti, cioè con Bersani a Palazzo Chigi.

La vita è teatro, ma per una messa in scena che si rispetti occorre un buon canovaccio e buoni sceneggiatori. Bravi quelli del segretario del Pd, fatto passare per unico argine alla nomenklatura assatanata per lo scalpo di Renzi. Di sicuro il prim'attore è il migliore della compagnia (Bindi, Marini, Letta, Fioroni, D'Alema, Veltroni), però Bersani non può proprio tirarsene fuori come se nulla fosse: quella è la ragione sociale del partito, quelli i maiores che lo designarono a suo tempo. Quelli deve salvare in qualche modo.

Affrontare il terremoto-Renzi non è questione da poco. Può servire il gioco delle parti, il classico giochino del poliziotto buono e di quello cattivo. Così come fa brodo l'arrivo in campo del terzo competitor, non a caso sospinto nelle ultime settimane da Bersani. Divide et impera, niente di più antico e sperimentato. Se Renzi incarna una deriva che nel Pd molti definiscono senza esitazioni «berlusconiana», la sfida di Vendola rappresenta il suo perfetto contraltare. Esalta alla perfezione la «terzietà» bersaniana, posizione mediana che in ogni storia politica è quella vincente.

Eppure ciò che, se vogliamo, rende plastico e comprensibile anche ai sordi lo schema della pantomima, è il linguaggio. Il leader di Sel, campione delle «narrazioni» e sempre attento alle parole, sceglie apposta quella che definisce la griglia del suo mirino. Non il campione in carica, il favorito, il segretario del partito-Moloch, bensì lo sfidante. «C'è in Renzi una più marcata adesione a modelli culturali che penso debbano essere rottamati», dice Vendola.

Il rottamatore va rottamato, gergo da officina meccanica o autoconcessionaria, cui il governatore pugliese concede una non poco rilevante correzione. Lui non rottama la persona, si capisce, non è ruspante come il sindaco fiorentino. Anzi, «spero che la competizione possa non scalfire i rapporti e mai precipitare dentro quel livello di violenza polemica che ha segnato vent'anni di vita italiana». Rottama piuttosto l'ideologia: la «subalternità a quei modelli liberisti che hanno rovinato la vita delle persone», perché «non è possibile che i mercati regolamentino l'attività del Parlamento e la vita della gente, mentre dovrebbe accadere il contrario». Vendola chiude con il centrismo di Casini: «Si dice innorridito da me, ma l'Udc in Puglia vota le nostre leggi», e nei confronti del potere bersaniano si concede soltanto una botta a Penati, «indecente come Fiorito, dovrebbe lasciare libero il suo seggio e per andare davanti alla magistratura». Ma ciò che anima la sua sfida è la lotta al «montismo» e al mercato, che non andrebbe «abrogato», bensì «sottoposto a regole».

Significativa la risposta convergente che arriva da Bersani: «Il liberismo ha fatto danni, io sono quello delle liberalizzazioni, cosa ben diversa: significa dare delle regole al mercato». Da Renzi, invece, parole che sfuggono la provocazione: «Io non parlo male degli altri. Io le cose di sinistra non le dico, le ho fatte a Firenze». Non mancherà il seguito, alle prossime puntate.

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