Politica

La verità di Lusi: così rimborsavo la Bindi

Nella deposizione dell'ex tesoriere spuntano soldi per la presidente Pd: "Mi arrivavano fatture a suo conto..."

«Basta parlare di Rutelli, passiamo ad altro». Di buon ora, il 23 giugno scorso, all'onorevole Rosy Bindi saranno fischiate le orecchie. Perché dal carcere il collega di partito Luigi Lusi s'era messo a parlare delle «spese» che comparivano accanto al nominativo della presidente del Pd così come l'ex tesoriere le aveva archiviate nella pen drive consegnata ai magistrati dalla sua segretaria Francesca Fiore. Era un riferimento più preciso alla Bindi dopo quell'accenno buttato lì durante l'audizione al Senato, che portò l'onorevole a querelare il Giornale reo d'averne dato conto ai suoi lettori: «Le iniziative politiche da me organizzate - disse - sono autofinanziate e non ho mai ricevuto da Lusi nemmeno un euro né sono mai stata a conoscenza di presunti accordi spartitori». Quel 23 giugno al giudice che gli chiede conto dei «rimborsi» al leader dell'Api e Bianco (sul punto Lusi è stato poi indagato per calunnia, sui soldi agli altri big della Margherita proseguono le indagini) Lusi s'impunta: «Andiamo avanti, sennò sembra che parliamo solo di Bianco, come se ce l'avessimo solo con lui». Il giudice lo invita a parlare della Bindi e Lusi, sbirciando il «foglio di calcolo» con i soldi della Margherita, osserva: «Qui ci sono pagamenti di soggetti che erano candidati alle Europee del 2009 per il Pd. Mi viene chiesto di pagare delle fatture relative a questi soggetti, ma non era il richiedente la Margherita». Fatta la premessa tra il giudice e l'indagato comincia un curioso siparietto. Col primo che interrompe continuamente il tesoriere facendo presente che «l'onorevole Bindi non le ha mica chiesto di pagarle un set di valigie o di pagarle una borsa». Al che Lusi ribatte a tono: «L'onorevole Bindi non mi ha chiesto... mi ha detto una cosa diversa». Il giudice, ancora di traverso: «Non le ha chiesto di pagarle una borsa». Sorpreso dall'ennesima contestazione, Lusi sbotta: «Senta, io non devo accusare nessuno. Io sto spiegando il sistema». E lo racconta come funzionava quel sistema a cui, a suo dire, attingeva anche la vicepresidente della Camera o chi per lei: «L'onorevole Bindi mi mandava una persona, che tendenzialmente era l'onorevole Miotto, oppure un suo segretario piuttosto che una sua segretaria, a seconda di chi c'era, che mi dava delle fatture. Questo era di chi? Della signora Bindi, della presidente Bindi, di riferimento politico. Chiaro? Non mi risulta in questi tre anni, a parte le spese telefoniche che riguardano non certo la Bindi, che era presidente del partito e vice presidente della Camera, ma saranno stati i suoi collaboratori ovviamente, ecco perché parlo di centri di costo, cioè attribuzioni di spese al soggetto di riferimento di quel singolo leader politico. All'interno di quel sistema però - continua Lusi - le spese per le europee di Montemarano, le spese di Vittorio Prodi, le spese di Vaccari, le spese di questo Bandiera Alessandro piuttosto che Villaggio Grafica, Stella, la Tipografica di Rabbuoni, io non so chi siano». Il giudice lo stoppa di nuovo: «Non vedo però viaggi dell'onorevole Bindi». Tra l'ironico e l'irritato Lusi reagisce: «Sì, ma adesso non so perché è appassionata di viaggi, però va bene». Giudice: «Io? No, io affatto. Odio viaggiare». Lusi: «Eh, ma io non ho capito che c'entrano i viaggi allora. Stiamo parlando delle sue spese». Giudice: «No, dico, non vedo spese inconferenti dell'onorevole Bindi. Lei dice che la disfunzione...». Stavolta a interrompere è l'ex tesoriere. «Le spiego. Parliamo solo del 2009/2011. Allora, la Margherita ha sospeso nel 2007. C'è un Pd, ci sono altri partiti: Api, Udc. La Margherita paga delle somme che non riguardano un'attività della Margherita, ma terzi. Che cosa ci facciano i terzi io non lo verificavo (...) dove finissero gli altri soldi io non lo so. Di certo la prestazione di quella fattura a me non arrivava. Mi sto spiegando?». Il magistrato si arrende, ma Lusi prosegue: «Quello che segue (nel prospetto, ndr) è Bocci, che oltre ad essere il presidente del comitato di tesoreria dal 2007 in poi, era l'uomo che inizialmente per conto di Fioroni mi dava le sue fatture...». Ma qui la Bindi non c'entra.

È un'altra storia tutta da scrivere.

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