Tra vero e falso c'è un segreto. A Fatima

Da Malachia a Nostradamus scatta l'effetto profezia. Ma fu Benedetto XVI in pellegrinaggio a rivelare che...

Tra vero e falso c'è un segreto. A Fatima

Attenti alle bufale. Stanno già spuntando come funghi su Internet quelli che «Io l'avevo previsto» legioni di piccoli falsi profeti che cercano di sfruttare il grande avvenimento. Molti parlano delle Profezie di Malachia, un testo pubblicato nel 1595 a Venezia dal benedettino Arnoldo di Wyon (1554-?) come parte della sua opera «Lignum Vitae» e attribuito al santo vescovo irlandese Malachia di Armagh (1094-1148). Gli storici sono certi che il testo sia un falso rinascimentale: e qualcuno pensa che sotto il nome di Malachia si celi il famoso astrologo Nostradamus (1503-1566), che ha lasciato anch'egli allusioni oscure a Papi che si dimettono.

Il testo attribuito a Malachia riporta un breve motto corrispondente a ciascun Papa a partire da Celestino II, Pontefice per sei mesi tra il 1143 e il 1144. Nella versione che circolava prima della pubblicazione veneziana, e sembra sia stata diffusa al conclave del 1590 per influenzarlo, i Papi - Celestino II compreso - erano 111, e dunque Benedetto XVI sarebbe l'ultimo. Nell'edizione di Venezia del 1595 si aggiunge il Papa numero 112, che sarebbe dunque il successore di Benedetto XVI: l'ultimo Pontefice, un Petrus Romanus che vivrebbe in una situazione di «persecuzione estrema» della Chiesa, che si concluderà con la distruzione di Roma e il giudizio universale. Ma il problema di tutte queste profezie è che diventano chiare solo post factum. Di rado aiutano a prevedere l'esito dei conclavi. Dopo che il Papa è eletto, qualcosa nella sua vita che giustifichi il criptico riferimento del falso Malachia si trova sempre. E lo stesso vale per Nostradamus e per altri.

Dalle bufale e dai testi nati nel clima, così interessato alla magia, del Rinascimento vanno distinti complessi profetici che la Chiesa prende estremamente sul serio e che indicano il tempo presente come tecnicamente «apocalittico». Questa parola non contiene nessuna predizione cronologica quanto alla fine del mondo, ma indica un tempo di estrema difficoltà per la Chiesa e per la società. Nella sua enciclica del 2007 «Spe salvi» Benedetto XVI ha mostrato precisamente come siamo in fondo a un processo che ci ha progressivamente allontanato dalla sintesi di fede e ragione faticosamente costruita dall'Europa cristiana, attraverso le tappe del fideismo protestante che nega il ruolo della ragione, del laicismo illuminista che elimina la fede, delle ideologie del XX secolo che si propongono come nuove religioni secolari e anticristiane, e infine del nichilismo contemporaneo caratterizzato da un relativismo aggressivo che attacca i santuari della vita e della famiglia.

Il Papa ha ritrovato questa sua analisi della storia nel messaggio della Madonna a Fatima, che ha riassunto così durante il suo pellegrinaggio in Portogallo del 2010: «L'uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo». Nella stessa occasione Benedetto XVI è tornato sul terzo segreto di Fatima, da lui stesso pubblicato quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2000. Qui la Madonna mostra un Papa su un monte che «prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce». Le profezie hanno sempre più di un significato e nel viaggio a Fatima Benedetto XVI spiegò che la «prima istanza» interpretativa del segreto - da lui stesso proposta nel 2000 e riferita all'attentato del 1981 a Giovanni Paolo II - non ne esclude altre. Nel segreto sono pure «indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano», attacchi a Papi futuri, compreso lo stesso Benedetto XVI. E il Papa accennò al fatto che anche il tradimento dei preti pedofili e le relative persecuzioni mediatiche contro la Chiesa fanno parte dei «colpi d'arma da fuoco e frecce» del segreto.

Anzi, disse allora il Papa, tra le conferme del messaggio di Fatima «vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Da questo punto di vista l'interesse di Benedetto XVI per Fatima è parallelo a quello da lui mostrato per santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), una monaca tedesca del Medioevo che ha voluto proclamare dottore della Chiesa con una lettera apostolica del 2012 e ha citato in diversi discorsi. Anche santa Ildegarda ha profetizzato eventi apocalittici che avrebbero coinvolto i Papi, e una gravissima crisi nella Chiesa in cui - secondo parole, citate da Papa Ratzinger, che Gesù rivolge alla suora tedesca - i sacerdoti «stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale».

Certamente Benedetto XVI non ha mai dato peso allo pseudo-Malachia o a Nostradamus. Ma Fatima e Ildegarda di Bingen sono sempre stati presenti nelle sue meditazioni, e in un giudizio sulla qualità apocalittica del tempo presente che forse ha fatto da sfondo anche all'ultima decisione.

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