Intossicazione in corsia indagini su 3 decessi

Paura tra i ricoverati della clinica Palazzolo, per un’epidemia che ha colpito oltre 200 persone I malori dopo aver mangiato del vitello tonnato. La direzione sanitaria esclude sia salmonella

Intossicazione in corsia 
indagini su 3 decessi

La maionese del vitello tonnato. È lei l’indiziata numero uno della devastante intossicazione alimentare esplosa poco dopo la metà di maggio all’interno della casa di cura «Palazzolo» nella via omonima, tra piazzale Accursio e il Portello. All’interno dell’istituto, specializzato nella riabilitazione di pazienti spesso molto anziani, l’intossicazione avrebbe colpito duecentocinquanta pazienti. Tre di questi sono morti. In assenza di autopsia, per ora è difficile dimostrare un collegamento diretto tra l’intossicazione e i decessi. La direzione nega una relazione diretta, ma in via Palazzolo sono in molti a dare per pacifica la causa delle morti, confermata - si dice - anche da alcuni medici. E - in assenza di comunicazioni ufficiali da parte dei vertici - il passaparola tra i pazienti e le loro famiglie sta creando, inevitabilmente, rabbia e preoccupazione.
La drammatica vicenda ha per teatro una istituzione storica e benemerita della città, creata negli anni Trenta dal cardinale Ildefonso Schuster su richiesta del Comune per dare sistemazione e assistenza agli anziani in difficoltà, sempre più numerosi. Oggi l’istituto è controllato dalla «Fondazione don Carlo Gnocchi», e ospita complessivamente ben 900 anziani: tra questi, molti in condizioni drammatiche, malati terminali, in stato vegetativo, segnati dalla sclerosi multipla. Un lavoro, come si può intuire, che avviene in un contesto duro e faticoso. Ed è in questo contesto che esplode il caso del vitello tonnato.
Nel giro di poche ore, dopo la distribuzione della pietanza, molti degenti iniziano a sentirsi male. Nelle ore successive il numero dei colpiti dall’infezione si allarga a macchia d’olio, soprattutto in uno dei reparti. I responsabili sanitari aprono una indagine interna, che individua rapidamente il principale sospettato nel pasto distribuito ai degenti, fornito da un’azienda specializzata in catering. La situazione è pesante. Nelle ore più acute dell’epidemia, tre pazienti muoiono. Secondo altre versioni, quattro.
«Io - racconta un’anziana signora in carrozzella - sono stata molto male per due notti. I dottori ci hanno fatto gli esami delle feci e hanno poi escluso che si trattasse di salmonella. Ma intanto un cuoco è stato mandato via».
«Sono cinque anni che lavoro qua - rivela un dipendente - e ne sono successe di cose... In questo caso il cuoco è stato mandato via e ci sono stati molti degenti del reparto Montini a sentirsi male. Ma di decessi non so nulla».
Tra mezze dichiarazioni e ambigue smentite, la maggior parte dei dipendenti rimane con la bocca cucita. Gli unici a esporsi sono gli stessi pazienti: alcuni per lamentarsi del vitto, altri per denunciare la maionese della discordia. Ma una cosa sembra chiara: la sezione dell’ospedale colpita dal vitello tonnato sembra essere il reparto Montini.
Dalla direzione arriva la conferma dell’epidemia ma non dei decessi: «Escludo - afferma il direttore della casa di cura, Maurizio Ripamonti - che ci siano state delle complicazioni tali da portare al decesso di alcuni pazienti.

Il problema è stato risolto nell’arco di tre giorni: noi abbiamo subito allertato la Asl per definire la causa dell’intossicazione, ma ci vorrà tempo per una valutazione certa. Intanto, l’esame sull’ipotesi salmonellosi ha dato esito negativo».

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