«Io e Christian, separati dall’avidità»

Lo sfogo: «Il suo clan pensa più al profitto che all’amore per il lavoro»

Massimo Bertarelli

Caro Massimo Boldi, è più felice del boom di Natale a Miami o del divorzio da De Sica?
«Felice comunque, perché Natale a Miami nel primo weekend delle feste ha battuto largamente il film di Pieraccioni, Narnia e King Kong, e poi perché ho finalmente realizzato quello che da tempo maturavo».
Ma sarà un divorzio definitivo?
«Sì, senza possibilità di ripensamenti. Se lui è nella Roma e io sono passato al Milan, come possiamo giocare insieme? A meno che lo cedano in prestito...».
La crisi del ventesimo anno era nata molto prima...
«Io compio gli anni il 23 luglio. Quattro anni fa la mia povera moglie Marisa mi regalò un orologio. Accompagnato da un biglietto dove aveva scritto le cose che secondo lei dovevano cambiare. Tra tutte mi colpì una: è ora di finirla con le Vacanze di Natale che ti rovinano anche quelle estive».
Però lei non ascoltò il suggerimento...
«Il contratto con la Filmauro di De Laurentiis scadeva proprio in quel 2001. Tutti mi dissero che sarebbe stato un errore romperlo, che bisognava aspettare e così via. Così firmai per altri quattro anni, ma posi le mie condizioni».
Quali?
«Primo: il rispetto dei ruoli, il bello e lo scemo; perché se anche il bello si mette a fare lo scemo c’è invasione di campo. Secondo: i tempi di lavorazione, da rivedere completamente. Terzo: il montaggio, che non può privilegiare uno a discapito dell’altro. Ma ormai non ne potevo più della supponenza e della prepotenza di certe persone. I nomi non li faccio, ma chi vuol capire capisca».
A molti riesce però difficile comprendere come la coppia d’oro del cinema italiano decida di separarsi...
«È vero, siamo stati quasi ogni anno campioni d’incassi e per il cinema il nostro marchio è stato commercialmente una fortuna. Ma io ero arcistufo di mettermi lì con carta e penna a riscrivere i miei dialoghi».
Questa sì che è una novità...
«Il fatto è che sono testi troppo teatrali. Infatti Brizzi e Martani, che li scrivono con il regista Neri Parenti, provengono dal teatro. E non si rendono conto che il cinema ha tempi comici completamente diversi, come ben sanno i Vanzina, che nel ’75 avevano reinventato il genere».
Ma lei ne ha per tutti. Anche per il produttore De Laurentiis?
«Da Merry Christmas, girato ad Amsterdam nel 2001, ha voluto imporre il suo gusto, anche se gli altri non erano d’accordo. Io dicevo: non mi sembra un copione adatto ai ragazzi. Ma lui non ne voleva sapere. Boldi era solo uno gnomo da tenere sotto spirito. Io che, senza false modestie, ero la perla nascosta, sono diventato la gallina da spennare. Ma ora finalmente mi sono tolto un peso e sono libero, libero, libero».
Tanto per non dimenticare nessuno, lei polemizza anche con la tv per il lancio di Natale a Miami?
«I Tg di Mediaset sono stati correttissimi, non così quelli della Rai. Tutti pendenti, per numero di interviste, dalla parte di De Sica. Per tacere dell’ultima malefatta, con Pippo Baudo che l’altro giorno a Domenica In ha presentato Natale a Miami con due clip di Christian e una, di otto secondi, mia. Altro che par condicio».
Il fatto di essere lombardo in un ambiente romano l’ha messa in minoranza?
«No, casomai il contrario. Tanto è vero che i miei fan, che in questi giorni nel mio sito mi hanno riempito di messaggi affettuosissimi, si trovano anche al sud, al centro, a nordest, insomma dappertutto, isole comprese».
E per età come si suddividono?
«Dai tre anni alla Baggina, come si dice a Milano».
Le risulta che c’è gente che viene a vedere voi a Santo Stefano e poi non va più al cinema per un anno?
«Può darsi. Di sicuro so che una buona fetta di pubblico va al cinema per ridere e con noi le risate sono garantite».
Cosa risponde alle accuse di volgarità, puntualmente rinnovate per Natale a Miami?
«In effetti certe battute sono pesantine. Fosse dipeso da me le avrei un po’ purgate».
Senta Boldi, ma il rapporto personale con De Sica, com’è veramente?
«De Sica con il suo clan e io abbiamo due modi completamente diversi di concepire la vita, la gente, la professione. Il loro è fatto di opportunismo, sempre rivolto al profitto, mai al cuore, all’amore per il lavoro. Di quel gruppo ne salvo solo uno, il produttore esecutivo Maurizio Amati. Come si fa a lavorare con gente che non sa cosa significhi far ridere? A Natale a Miami mi hanno tolto una battuta bellissima; io vestito da sommelier apro una bottiglia di Coca Cola e dico “Sa di tappo”. Tutto possono dirmi, ma sulla comicità devono lasciarmi stare».
Da separati cosa farete. Nessuno è mai andato troppo bene da solo?
«Io farò coppia con Vincenzo Salemme, una attore bravo e modesto».
E chi vuol capire capisca... De Sica invece si metterà con un altro Massimo, Ghini?
«Non m’interessa. L’anno prossimo comunque penso che correranno a vederci, più che altro per curiosità».
C’è sempre un attore romano nel suo destino. L’ultimo è Maurizio Mattioli con cui sta per sfornare Un ciclone in famiglia 2...
«La scorsa stagione è stata una delle fiction di maggior successo di Canale 5. In febbraio si vedrà: ma sono convinto che andrà bene anche il seguito, con lo stesso cast e la new entry Carlo Buccirosso».
A Natale le avrebbe dato più fastidio essere battuto da Pieraccioni o da King Kong?
«Ah, non soffro di gelosia.

Anzi, se un film mi piace sono il primo ad essere contento che il pubblico applauda».
E Pieraccioni le piace?
«Prima di Natale ci siamo fatti un reciproco in bocca al lupo. Chissà, che un giorno non riusciamo a fare un film insieme...».

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