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"Io, l'uomo più stupido del mondo"

L'autocritica di Charles Robert Jenkins, ex sergente americano che vive in Giappone. Nel 1965 disertò nella Corea del Nord: "Una folle scelta". Gli costò 40 anni di vita da comunista. Comitive di turisti vanno nel suo negozio per fotografarlo

"Io, l'uomo più stupido del mondo"

Come lo chiamereste uno che al confine con Pyongyang, abbandona l’esercito americano, salta il fosso e passa al nemico nordcoreano? Disertore? Rispostina scontata, banale. Diciamo stupido, anzi lo ribadisce lui medesimo, Charles Robert Jenkins, di anni sessantacinque, nato a Rich Square nel Nord Carolina e oggi residente, annoiato e stanco, nell’isola di Sado, al largo nord del Giappone: «Sì, ho fatto la più grande stupidata che un uomo possa  mai compiere. Me ne resi conto subito». Usa il tempo passato che è davvero remoto, il fatto accadde nella notte del quattro di gennaio del millenovecentosessantacinque. Il sergente Jenkins aveva vent’anni, non era il tipo tosto di certi film americani pur portando sul braccio il classico tatuaggio della brigata che poi si sarebbe tolto senza anestesia. Tremava all’idea di finire in Vietnam, beveva per dimenticare la paura.

Quella notte aveva tracannato birre in numero di dieci, disse ai colleghi di pattuglia di voler andare in perlustrazione, avendo sentito, il sergente di fil di ferro, qualche rumore sospetto in quella zona «demilitarizzata» che divideva la penisola coreana. In verità, nonostante l’elevato tasso alcolico, aveva deciso il salto e con quale progetto: vado di là, chiedo di essere portato in Unione Sovietica, proporranno lo scambio di prigionieri e così ritornerò a casa mia, nella dolce Carolina. A Pyongyang lo aspettavano a braccia aperte, per stringerle poi in una morsa feroce. Charles venne rinchiuso, insieme con altri tre marines, Larry Abshier, Jerry Parrish e James Dresnok, in una stanza senza acqua corrente. La prigionia durò per anni sette e in quel tempo i magnifici quattro vennero picchiati più volte e costretti a imparare a memoria i discorsi di Kim Il Sung, una bella gita insomma, secondo usi e costumi dei regimi comunisti. O no?

Charles tornò a respirare e a lavarsi, avevano deciso che fosse utile per insegnare l’inglese ai coreani, non per cultura ma perché diventassero spie; il suo accento, tipico della nord Carolina, gli costò il posto di lavoro. Non mancò il tempo per fare l’amore, gli venne presentata Hitomi Soga, infermiera giapponesina di ventuno anni, trasferita, meglio sequestrata, con la madre, dagli agenti nordcoreani per lo stesso obiettivo, insegnare la cultura, le abitudini e la lingua nipponica ai bravi soldati e cittadini coreani. Dopo trentotto giorni Charles e Hitomi andarono sposi, l’amore forzato e profondo ha portato due figlie, la sbronza del quattro gennaio ha consigliato Charles a chiamare una figlia Brinda, l’altra porta il nome di Mika. Il quartetto si fa fotografare dai turisti che frequentano il negozio di souvenir dove Charles lavora.

È una specie di eroe simpatico, in verità come «eroe senza nome» partecipò a un film di propaganda nordcoreano del 1982. Gli anni a seguire furono comunque duri e bui, Charles aveva chiesto anche asilo politico all’ambasciata sovietica, risposta: niet. Nel duemila e quattro, dopo una serie di trattative con il governo giapponese, Hitomi Soga e Charles, via Indonesia per un controllo medico, riuscirono a raggiungere Tokyo mentre Larry e Jerry, compagni di cella senz’acqua, sono defunti mentre James vive beato in Nord Corea e non si ritiene né stupido né pentito della scelta di disertare.

Charles Jenkins ha scritto anche un libro: Per dire la verità, in versione giapponese e poi coreana mentre la versione inglese porta il titolo rivisto e corretto Comunista malvolentieri: la mia diserzione, la corte marziale e quarant’anni di prigionia in Nord Corea scritto con il giornalista Jim Frederick. Libri, film e interviste a parte, restano l’immagine e la memoria di quella notte di gennaio del 1965, quando Charles Robert Jenkins decise di tradire hamburger e patatine con un piatto di germogli di soia e alghe.

Sarebbe come se Beppe Grillo si iscrivesse al Partito democratico.

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