Cè voluto un mese, ma cè lha fatta. È, sceso dalla barca, sè arrampicato sulla sponda del Moei, sè tolto la croce dal collo e sè tagliato il cespuglio di capelli biondi. Poi ha raccontato tutto. La sua è la Storia con la S maiuscola. La vera storia della rivolta di Rangoon, dei suoi giovanissimi capi monaci, dei loro sogni. Solo Ashin Kovida, ne conosce ogni segreto. Ha solo 24 anni, ma è il misterioso numero uno di cui si favoleggiava, il capo dei monaci di cui nessuno conosceva il nome. La sua non è la storia di un grande leader, ma di un eroe per caso. È la storia di una rivolta nata dalla creatività di un monaco ragazzino. Il racconto di un condottiero generato dallottusità e dallalterigia del vetusto regime birmano. Sopravvivere al proprio coraggio, fuggire la galera non è stato facile. Per approdare in Thailandia ci sono volute quattro settimane con il cuore in gola ed il vuoto nello stomaco.
Per sopravvivere ha dovuto seppellirsi nella giungla, vagare a piedi, saltare da autobus allaltro, nascondere la testa rapata, mimetizzarla sotto una spazzola di capelli tinti di biondo, dissimulare la vera fede attaccandosi al collo una croce cristiana.
Il prologo è tutto nelle strade di Rangoon e nei suoi templi silenziosi. Il 5 settembre nelle pagode si discute dei colpi sparati dai soldati sui confratelli scesi in piazza a Pakokku. Nei santuari cè rabbia e sgomento. I monaci anziani non vogliono osare, Ashin e i più giovani non ne vogliono sapere. Rompono con i vecchi saggi, tagliano i ponti con il governo, raccolgono il richiamo degli studenti, trasformano i santuari in stamperie di volantini e tatzebao. Scendono in strada, risvegliano le città, spaventano i tiranni. Il 18 settembre Ashin volta la testa, scorge una processione silenziosa ed imponente dietro il manipolo di sai amaranto. Allindomani sono in duemila, cinquecento religiosi e tutti gli altri cittadini. Marciano fino alla pagoda di Sule, si siedono davanti.
«Per far correre questo treno - si dice Ashin - cè bisogno duna locomotiva». Chiama dieci monaci, ne arrivano 14, tutti insieme si mettono alla testa della protesta. Nessuno arriva ai 30 anni, ma dimprovviso sono i capi, la misteriosa cupola battezzata Sangga Kosahlal Apahwe (rappresentanti dei monaci). Ashin parla alla folla, decide gli appuntamenti dei giorni successivi, coordina e decide le mosse. Non ha schemi, non può contare su aiuti dallestero. Sispira ai video della protesta contro il dittatore serbo Slobodan Milosevic. Cerca dimitarla, sogna un movimento capace di crescere dal basso verso lalto e recidere il ramo su cui riposano il generale tiranno Than Shwee ed i suoi dodici accoliti.
Gli unici soldi arrivano da una misteriosa triade di dissidenti. Sono un attore, un commediante ed un poeta. Credono in lui, gli danno fiducia, gli passano qualche soldo. La speranza dura dieci giorni. La notte del 27 i militari rastrellano i monasteri, aprono la caccia. Ashin è braccato. Lo cercano nella casa della madre adottiva, arrestano quella signora agiata che paga i suoi studi religiosi a Yangoon, la buttano in prigione. Otto membri del Sangga fanno la stessa fine. Ashkin non sarrende. Gli amici lo portano in un villaggio fuori Rangoon, lo nascondono in una capanna. Lui ci si seppellisce dentro. Senza cibo, senzacqua per lavarsi. A Rangoon laccusano daver nascosto nella stanza del monastero 48 candelotti desplosivo. Capisce che deve sparire. I capelli sono un po cresciuti, ci butta sopra un po di tintura bionda, sinfila un cappellino da baseball, una maglietta, una croce al collo e un paio docchiali. Non è chiaro chi sia, ma almeno non sembra un monaco. Vaga a piedi, ogni tanto salta su un autobus, riprende a camminare non appena sente aria di posti di blocco.
Finalmente il 17 mattina è a Myawadi. Dallaltra parte del ponte, oltre il fiume Moei ci sono la Thailandia e la libertà. Dietro sopravvivono la tirannia e un sogno infranto di libertà.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.