«Io, murata in casa da un abuso Non apro le finestre da 10 anni»

Oggi vi chiediamo di fare uno sforzo di fantasia: immaginate di aprire una mattina la vostra finestra e di vedere dei mattoni. Non più il cielo azzurro, ma mattoni rossi. Niente aria, niente luce. Buio. Succede in pieno centro, a un passo da via Solferino. Siamo in via Lovanio 3. Nel 2000 vengono costruiti due piani rialzati, in palese violazione delle norme, chiudendo le finestre del palazzo adiacente. Sono 10 anni che Susanna Termini, che un giorno si è trovata murata viva in casa, chiede di poter rivedere il cielo, senza risultato. Questo nonostante tribunale civile e amministrativo ne abbiano ordinato la demolizione. E nonostante la pratica edilizia sia stata annullata dal Tar. Nonostante Susanna Termini abbia sollecitato più di una volta il Comune a controllare le carte e a far eseguire le sentenza di demolizione.
Ma facciamo un passo indietro in questa vicenda dal sapore kafkiano: nel 2000 la Unispace srl costruisce due piani sopraelevati, infilando nel muro del condominio confinante 24 travi di 25 centrimetri di profondità e chiudendo le finestre dell’appartamento della signora Termini che abita al quinto piano. La signora passa alle via legali e la vicenda assume toni ancora più paradossali. Nel 2004 il tribunale civile (sentenza 8377/04) ordina alla Unispace di «demolire le opere costruite, in particolare il muro occlusivo delle luci aperte sulla proprietà e la rimozione di 24 travetti innestati nella parete del civico 5». Due i punti contestati: la chiusura delle finestre e l’«illeggittima» appropriazione del muro confinante. Su questo punto la Unispace fa ricorso, ma il tribunale civile dà ragione al condominio (sentenza 14286/08) perché «l’intervento è illegittimo». I giudici ordinano di nuovo alla Unispace la «rimozione dei 24 travetti». Ma la costruzione ad oggi è ancora lì. Come vi sentireste voi sapendo che la costruzione che vi ha chiuso le finestre è abusiva ed è stata costruita illecitamente, che i giudici ne hanno ordinato l’abbattimento, mentre la costruzione invece cresca sempre di più.
Il 10 dicembre 2004 la Unispace presenta la domanda per il condono che lo Sportello unico per l’edilizia respinge il 13 maggio 2009 perché «la realizzazione delle opere abusive ha comportato la violazione di norme civili inderogabili» norme cioè a tutela dei privati. Peccato che i tecnici di via Pirelli non si siano accorti che i piani rialzati sono stati costruiti in base alla legge regionale per i sottotetti anche se l’edificio «termina» con un solarium, un tetto piatto. I disegni allegati alla pratica invece riportano un tetto spiovente. La sentenza 4465 /2009 del Tar coinvolge anche il Comune: «La ipotizzata falsa rappresentazione dei fatti avrebbe dovuto indurre il Comune ad intervenire sul titolo edilizio formatosi attraverso la dia tenuto conto che oltre alla modifica della sagoma, si sarebbe realizzato un aumento delle volumetrie e un cambio di destinazione d’uso dell’immobile con la necessità di ottenere una concessione edilizia». Non solo, con la stessa sentenza, il Tar ha annullato il «silenzio assenso formatosi sulla dia», cioè il permesso a costruire e «accertato l’assenza di diritto della Unispace di costruire».

«Come mai il Comune - si chiede Susanna Termini - da noi ampiamente sollecitato a suo tempo non si è accorto che in quell’edificio il sottotetto non esisteva? Come mai il Comune ha negato la richiesta di condono presentato unicamente perché l’intervento ha leso i diritti di terzi e non perché ha violato la normativa edilizia vigente? Come mai a tutt’oggi il Comune non interviene dopo la sentenza di demolizione del Tar?»

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