«Io, alla sfida del cimento invernale»

«Io, alla sfida del cimento invernale»

Marzia Fossati

Si aggirano attenti e furtivi come linci artiche (visto il clima), i collaboratori sguinzagliati dalle varie testate giornalistiche a raccogliere umori e tremori della cinquantina di aspiranti kamikaze convenuti ieri mattina al porto di Arenzano per il primo cimento della stagione, organizzato dal Comune e dalla Rari Nantes locale. Imbacuccati e imberrettati, armati di penna e notes, sgusciano tra gli ardimentosi cimentisti raccogliendo dati. Ma io non sto con loro. E non ci sto perché il Giornale non è un giornale qualunque. E un servizio per il Giornale non può essere un servizio qualunque. Ecco perché, insieme ad altri temerari, alle 10 e 30 mi trovo a firmare la manleva che esenta il Comune da ogni responsabilità nel caso, non del tutto remoto, mi venisse una sincope. L’appello sembra quello per un plotone d’esecuzione: ogni partecipante è chiamato a ritirare una medaglia d’argento al valore per il proprio coraggio (consegnata in anticipo presumo in caso di default). Per spogliarsi sono a disposizione 4 cabine per più di 50 persone, per cui quella di cambiarsi all’aperto è una scelta obbligata, mentre la Banda Musicale «Città di Arenzano» suona a tutto volume proprio la musica eseguita alla festa di Capodanno nel primo «Fantozzi». A pochi minuti dalla fatidica ora X, fissata per le 11, siamo ormai tutti sulla lingua di spiaggia antistante il molo, in costume e ciabattine, in attesa del «Via» che, dopo la foto di rito, come una mano impercettibile spinge tutta la mandria di atermici masochisti tra le gelide onde del mare ligure. Mi avevano assicurato che il cimento consisteva solo nel pucciarsi un attimo in mare come un biscotto nel latte e poi via, subito al caldo. Tutte balle. La gente nuota, gioca a pallanuoto, sembra di stare a Sharm el Sheik. C’è chi fa il dorso, il morto (soprattutto), e chi, addirittura, va a nuoto fino alla boa e ritorno, come Marco Molica di Genova, o la giovane Arianna Billeci che a soli 9 anni vanta il primato di prima cimentista storica con il suo tuffo invernale fatto a soli 13 mesi. C’è poi chi, come la signora Raffaella Aironi a 81 anni suonati ne dimostra al massimo 70 perché tutte le mattine si fa una nuotata in mare di fronte a Punta Vagno, o chi, come la sua amica Rosa Ballauri, non si perde un cimento perché «quando lo provi una volta - dice - non puoi più smettere». Sarà, ma per quanto mi riguarda, le temperature ufficiali (15° fuori e 10° dentro l’acqua) sono taroccate: non appena le onde mi raggiungono la pancia comprendo finalmente cosa provano i naufraghi. Corro il serio rischio di restare ibernata e essere rivenduta a trance sui banconi del Mercato Orientale. Il freddo è così pungente da tramutarsi in autentico dolore fisico. Così tento una disperata fuga alla chetichella verso l’accappatoio, quando vengo intercettata da due simpaticissimi bagnanti (travestiti da carognette) che mi spruzzano a due mani lasciandomi completamente fradicia e imprecante nel vento gelido, trasformando la mia ritirata in una disfatta. Incredibilmente però, una volta indossato l’agognato accappatoio, il freddo sparisce, non si sente più, tant’è che per un quarto d’ora non penso a rivestirmi e mi godo su una sdraio la cioccolata calda e la focaccia offerte ai sopravvissuti. A chi vuole cimentarsi in uno dei prossimi cimenti che, fino al 6 gennaio, interesseranno almeno 14 località liguri (l’elenco completo è su www.cimento.

it), io lo consiglierei solo per questo, per il «dopo», che, come tra i superstiti delle grandi sciagure, crea quasi un clima di fratellanza tra tutti i reduci dalla prova che è di coraggio (per alcuni) o pazzia (per tutti gli altri). Io però, nonostante la cioccolata, dubito che lo rifarei.

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