«Io, il sosia di Karol Wojtyla ho sorpreso anche Tettamanzi»

Il dodici marzo scorso, chiusa del periodo carnevalizio, non riusciva a fare un passo in Corso Buenos Aires. Si fermavano macchine di inglesi, gruppi di ragazzi, sciami di turisti al grido: «Ma quello è Giovanni Paolo II?». La prima volta che Roberto Raguzzoni, nato a San Giovanni del Dosso nel mantovano nel 1930 ma milanese da cinquant’anni, si rese conto della sconcertante somiglianza con Karol Wojtyla fu pochi giorni dopo della salita del Cardinale polacco al Soglio Pontificio. Nell’ottobre del 1978 camminava sul Mottarone, sul Lago Maggiore, e una bimba di pochi anni corse dalla madre dicendo: «Mamma, mamma vieni! C’è il Papa!».
Anche in via Borsieri, dove Raguzzoni ha un locale, il suo ambiente è conosciuto come «Il bar del Papa». Dentro campeggiano le foto di lui con il Santo abito, che ha avuto il coraggio di indossare tre volte in vita. «Il 12 marzo l’ho messo solo perché incitato da alcuni miei amici - confessa - ma dopo che Wojtyla è morto non avrei mai creduto di rifarlo, per rispetto. Eppure sono i sacerdoti stessi a dirmi di non farmi scrupoli perché la cosa non è dissacrante ma tenera e anche educativa».
Davvero! Questo è molto bello, significa vivere per una volta il sacro attraverso un sorriso. E chi le ha detto le cose più carine? «Quando qualche anno fa il cardinale Tettamanzi venne nella nostra parrocchia esclamò divertito: «Ma guarda chi c’è qui. Per un attimo mi sono spaventato credendo che Wojtyla venisse a trovarmi in borghese!». Il mio vecchio parroco, don Mauro, mi sussurrava sempre: quando ti vesti come Lui fai un’azione buona, perché reimmaginare un Papa non è screditarlo ma dargli valore. In effetti quando vado in giro mi rendo conto di quanto sia ancora amato e di quanto sia rimasto nel cuore di migliaia di persone questo uomo. La gente mi tocca, mi circonda con affetto e sento il suo calore».
Un curriculum vitae ribelle e spericolato, un approccio alla fede a dir poco originale, afferma di non essere consono alla religione ma ama visitare Santuari e chiese, adora l’arte religiosa, ascolta la domenica la messa in televisione e si prodiga in opere. Il Natale scorso ha pagato l’illuminazione della chiesa del Sacro Volto. Evidentemente il suo aspetto esteriore ha prevalenza sulla sua ragione interiore. E cosa pensa del futuro Santo di cui lei è un sosia perfetto? «Ammetto che il mio Pontefice preferito rimane Giovanni XXIII, per quel sogno di semplicità che aveva impresso nel volto che gli faceva dipingere le persone in modo così amorevole. Giovanni Paolo II è stato un grande Pastore. Grazie ai suoi viaggi ha portato il Cristianesimo negli spazi più sperduti del mondo. Quanto a Benedetto XVI è un grande scrittore per come riesce a proporre all’uomo il difficile tema della vita di Cristo».
Roberto Raguzzoni compirà 81 anni il prossimo 27 novembre. Dice che non si vestirà più come quel Karol che il prossimo Primo di maggio sarà proclamato Santo. Non l’ha mai conosciuto personalmente. L’ha soltanto visto a Roma da molto lontano. Ma di Lui ha un bel ricordo.

Come del Cardinale Martini che quando vedeva Raguzzoni in Duomo scuoteva perplesso la testa, come a dire: incredibile!, e gli sorrideva divertito, senza proferie parola per la solita meraviglia che ci fa esclamare di fronte a questo sosia: le vie del Signore sono proprie imperscrutabili e infinite.

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