Teheran - 1999: gli studenti protestano per le strade della capitale iraniana. Dieci anni dopo i discendenti del popolo persiano continuano a protestare per la libertà. La scintilla della rivolta
studentesca del luglio 1999, che sfociò in sanguinosi scontri a
Teheran e in altre città iraniane, fu la chiusura del quotidiano
riformista "Salam" e l’adozione di una legge tesa a bloccare la
liberalizzazione della stampa avviata dal presidente Mohammad
Khatami.
In migliaia per le strade della capitale La notte dell’8 luglio, al termine di un sit-in pacifico nei pressi
dell’ostello di Amir Abad, nel nord di Teheran, reparti di agenti in
tenuta anti-sommossa, affiancati da volontari islamici (basiji) e da
militanti del gruppo integralista islamico Ansar-e hezbollah (Seguaci
del Partito di Dio) assaltarono il dormitorio, sorprendendo i giovani
nel sonno. Un giovane rimane ucciso.
Nei giorni successivi, migliaia di studenti scesero nelle strade di
Teheran, gridando slogan ostili alle massime autorità della
Repubblica islamica. I disordini si estesero alle città di provincia, da
Isfahan a Yazd e Mashhad, da Shiraz a Tabriz, dove uno studente di
teologia fu ucciso da colpi d’arma da fuoco. Proprio come avviene
in questi giorni, anche allora il ministero degli esteri iraniano
denunciò "interferenze" straniere.
Una rivolta soffocata nel sangue Il 14 luglio, dopo aver soffocato la rivolta nel sangue, il regime si
riprese la piazza, radunando centinaia di migliaia di manifestanti nel
centro di Teheran per applaudire la Guida suprema, l’ayatollah Ali
Khamenei.
Il bilancio ufficiale della protesta fu di tre morti, tre feriti e centinaia
di arresti, ma gli studenti e la stampa riformista parlarono di almeno
cinque vittime, centinaia di feriti e un migliaio di arresti.
Quattro studenti condannati a morte Nei mesi
successivi diversi studenti furono processati con l’accusa di aver
fomentato e capeggiato la rivolta. Quattro giovani furono
condannati a morte.
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