Ischia dimentica la villa di Luchino Visconti: è occupata da un abusivo

CONTRIBUTI Nel 2005, con una legge ad hoc, la fondazione riesce a ottenere 250mila euro

Ischia dimentica la villa di Luchino Visconti: è occupata da un abusivo

nostro inviato a Ischia

L’altoparlante del battello strilla: «Alla vostra destra La Colombaia. Dimora del grande Luchino Visconti». La villa è lì, nel bosco di Zaro, a Forio, Ischia: altissima, bianchissima. Sgargiante. Inaccessibile. Dal mare si intravedono la torre, le finestre blu, gli alberi fitti che sembrano proteggerla. Era la villa del cuore, la preferita dal maestro. C’era stato per la prima volta con Alida Valli che l’aveva invitato un’estate a passare le vacanze dal barone Fassini. Ed era stato amore subito, istantaneo. Parte una guerra con il barone, che alla fine cede e la vende al regista. Quella era la sua casa, lui, Visconti, se lo sentiva. Era il clima, il senso di stare in disparte da tutto eppure presente, rifugio e teatro.
Amici, colleghi, si ritrovano lì. La casa è una scena, anche nei minimi particolari, colma di oggetti, feticci, una gigantesca «wunderkammer» per soddisfare il desiderio continuo di bellezza del regista. Vetri coloratissimi, grandi cani che scondinzolano tra le gambe degli ospiti, bianchi molossi di ceramica in giardino, camini enormi nelle stanze, arazzi, porte a sesto acuto. Nascono progetti e ambizioni. Il Novecento è racchiuso in quelle stanze. I turisti guardano su. Le finestre sono serrate. Una voce in dialetto urla: «Non c’è niente da vedere qui. Via». Della villa resta solo un guscio vuoto.
Questa isola non sa che farsene delle ceneri di Visconti. È solo una spruzzata di polvere per attirare le lucciole di Hollywood, quella ciurma di registi e attori che sbarca qui ogni estate e si veste di cinema, amori e gossip. E la villa resta un problema non risolto, con la spazzatura davanti ai cancelli, l’odore di macerie e nobiltà perduta, le chiacchiere di quelli che giurano di ridare un senso al passato. La villa rischia di fare la stessa fine del porto, in eterna costruzione, con milioni di euro andati in fumo, valanghe di carte, diluvi di polemiche. Dopo sessant’anni, di fatto, niente porto. E, pazienza, se tra poco invece dello scalo marittimo ci sarà un immenso parcheggio. Il fenomeno dell’insabbiamento non si arresta: la sabbia entra e non esce, come avevano già capito i Borboni e tutti i pescatori che si sono succeduti sull’isola. Così il fondale diminuisce a vista d'occhio. E Visconti, le sue ceneri e la sua villa, lo stesso.
Tutto è spazzato via. A terra sono rimasti progetti e fondazioni, finanziamenti e litigi senza fine tra giunte comunali. E chi la abita è il segno dei tempi moderni: oggi la villa è un bivacco squallido, occupato abusivamente da un ex guardiano e la famiglia che il comune ha cercato più volte di mandare via senza successo. Il declino inizia con la morte del regista. Dal ’76 la villa non ha trovato più pace. Prima una guerra per l’eredità tra eredi. È la prima corsa ad accaparrarsi mobili, cimeli oggetti. Poi negli anni ’80 a comprarla è la famiglia De Lorenzo che decide di farne suite di lusso. Ma qualcosa si blocca. L’ex sindaco di Forio, Franco Iacono ha ben altre idee sul destino della residenza La Colombaia e riesce a bloccare tutto. Il ministero blocca l’affare: la casa è vincolata dall'alto valore culturale del bene. La villa non può finire nelle mani di privati. Meglio farne una fondazione, un luogo di ricordo, grandiosi progetti di recupero della memoria. E poi le ceneri di Luchino sono proprio lì, come aveva chiesto vent’anni prima. Nel 2001 grandi cerimonie di apertura, Claudia Cardinale che stappa lo champagne e brinda alla nuova vita della villa. La fondazione parte alla grande, organizzando settimane del cinema, borse di studio per gli studenti, master universitari, allestisce un museo del neorealismo. Una perla per l'isola intera.
Nel 2005 con una legge regionale ad hoc per salvaguardare La Colombaia la fondazione riesce ad ottenere 250mila euro. Ed è allora che si scatena un guazzabuglio politico. Un teatrino degno del realismo più crudo. Si scatenano appetiti locali, litigi tra consiglio regionale e consiglio d’amministrazione. Chi propone un consiglio tecnico, chi uno composto solo da ischitani. I notabili dell'isola contro gli esperti. Vince il sindaco e la giunta di ischitani. Un orafo, un dentista a decidere le sorti di una fondazione con potenzialità enormi. I litigi non si fermano.
Nel 2006 la fine di un sogno: il sindaco Franco Regine chiude la villa. «Inagibilità» è la versione ufficiale. Da allora il guardiano fa il padrone. E il destino è tutto una nuvola scura. Il sindaco racconta, e spiega. «Non abbiamo più avuto i fondi e sono mancati i mezzi. Ma abbiamo intenzione di ristrutturarla e riaprirla. Abbiamo dato in appalto i lavori per 100mila euro. Ma non saranno sufficienti». E infatti la Regione ha già promesso altri 500mila euro.

«Fuksas ci ha fatto vedere un progetto gratuito. A Venezia l’architetto firmerà le carte con l’associazione mondiale degli autori della cinematografia». Altri progetti. «Un anno al massimo», promette il sindaco. E il carrozzone potrà ripartire.

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