Islam a lezione di cristianesimo

L’articolo di Massimo Introvigne di qualche giorno fa, correttamente intitolato «Fratelli e coltelli», ha ben voluto sottolineare l'apparentemente stranissimo comportamento dei Paesi arabi di fronte alla guerra tra Israele e gli Hezbollah in Libano. Ognuno di noi ricorda l'annuncio del sovrano saudita trent'anni fa con l'aumento del prezzo del petrolio e le «domeniche a piedi».
A parte alcune precisazioni, appare chiarissima una spaccatura di fondo (si può anche chiamarla schizofrenia se la si vuole inquadrare nelle patologie) tra le piazze arabe che si entusiasmano ai discorsi e agli slogan dei tanti Masaniello indigeni da un lato e dall'altro i loro capi di Stato e di governo. Una schizofrenia questa che, anche se su registri diversi da quelli correnti negli altri Paesi arabi, esiste anche in Siria ove le intenzioni dei governanti sono tutte diverse da quelle degli altri Paesi arabi.
A piena conferma di questa divisione nel pensiero all'interno dei Paesi arabi, ma anche dei musulmani in generale, colpisce un'inaspettata e perlomeno sconvolgente notizia che giunge dall'Egitto: il Rettore di al-Azhar - considerata, con tutti i dettagli contrastanti, il Vaticano arabo - ha chiesto all'Ambasciatore d'Italia di reperire nel panorama universitario italiano un docente di chiara fama che possa illustrare in quella università il cristianesimo all'interno dell'OSCUM. Questo organismo denominato sin dall'inizio «Organizzazione di studi comparati per il progresso delle scienze umane nel Mediterraneo» conta da tempo sezioni specializzate ben al di fuori dei soliti rapporti italo-arabi che oscillano sempre tra gli incontri organizzati tra le Camere di Commercio e gli scambi di professori sul tema «Gli Arabi in Sicilia» o simili.
È bene ricordare che l'arroganza dell'Islam, che si è sempre considerato superiore agli altri - potrebbe essere un bel match, e forse avverrà in futuro, quello tra questo mondo e lo spocchioso universo cinese - ha fatto sì che mai nei secoli il mondo islamico abbia voluto studiare il cristianesimo. Agli inizi dell'Islam qualcosa c'è stato ma si è trattato di un misto tra la curiosità e il trovare addentellati tra la rivelazione coranica - secondo l'Islam terza mossa divina dopo quella ebraica e quella cristiana, ma definita «finale» - e le due che l'avevano preceduta.
A coprire questo ruolo decisamente non facile, è stato invitato, ed ha accettato, un'alta personalità della nostra cultura - altra notizia non comune -, un laico. Dai tempi di san Giovanni Damasceno, ovvero dall’800 della nostra era, non accadeva qualcosa del genere e al massimo, e sottobanco, hanno cercato - ostacolatissimi - di parlare del cristianesimo nel mondo dell'Islam dei buoni missionari con i risultati negativi che la storia ci ha consegnato. E valga il vero: quando la Turchia ebbe imboccato la svolta kemalista i giornali occidentali, in particolare quelli di area vaticana, non esitarono a sbracciarsi all'idea della prossima conversione dei turchi al cristianesimo. Il recente assassinio di un sacerdote in Turchia è il simbolo, se non un suggello, dell'80° anniversario di quegli articoli entusiasti.
L'Islam, per la prima volta da più di un millennio, chiede di studiare il cristianesimo su un piano di parità e, come appare chiaro da una serie di simili mosse, nell'ambito della cultura e non della religione. L'embrassons nous vecchio stile del Vaticano sembra allontanarsi nello spazio e forse ne è un segnale l'inaspettata chiusura da parte di Benedetto XVI dell'apposito ufficio che si occupava dei rapporti con l'Islam e la destinazione ad altro incarico del cardinale Fitzgerald, appositamente chiamato a questo incarico da Papa Wojtyla.
L'impostazione laica del sunnominato OSCUM e delle sue relazioni con al-Azhar è chiarissima ed è questa la eccezionale novità: le sue sezioni oggi in funzione vanno da quella dedicata a «Diritto e Fonti del Diritto» legata all'Università «La Sapienza» di Roma, a quelle intitolate «Economia dello sviluppo condiviso» con la Bocconi di Milano, «Architettura» con l'Università di Venezia e «Filologia».


I borsisti egiziani di queste varie sezioni che hanno studiato in Italia nell'anno accademico 2005-2006 stanno rientrando in Egitto e, almeno per quest'anno, non si sono rivelati né «allievi terroristi» né terroristi tout court. Rimane da sperare che anche le nuove chiamate possano rivelarsi tali.

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