Zaitoon, la giovane pachistana quasi uccisa dal padre, Jabeen, massacrata di botte perchè ama un indiano; Chiara, una giovane marocchina scappata di casa per sposare un italiano. Adolescenti nate o immigrate in Italia, che si sono ribellatea nozze forzate. Una cinquantina di interviste raccolte in una ricerca curata da Mara Tognetti, sociologa della Bicocca di Milano.
«Mi chiamo Zaitoon e sono innamorata, ma l'amore ha sconvolto la mia vita e mi ha quasi uccisa. Ha rischiato di morire pure il mio bambino», si confessa una giovane pachistana, nata e cresciuta a Milano. Perde la testa per un coetaneo, di origini pachistane come lei, ma la famiglia ha progetti diversi. «Loro avevano deciso che l'uomo giusto per me era un altro, molto più grande. All'epoca io avevo 16 anni e lui 39. Casa mia è diventata un inferno (...) mio padre più volte mi ha picchiato, mia madre mi insultava», ricorda Zaitoon, che rimane incinta del suo vero amore. «Sapete a che punto sono arrivati? Hanno minacciato di far del male al nostro bambino, di ucciderci tutti», rivela la ragazza, che si è salvata grazie ai servizi sociali.
La piaga dei matrimoni imposti, secondo stime governative, riguarderebbe il 20% delle unioni accertate nelle comunità islamiche in Italia. Il fenomeno è "normale" soprattutto fra i pachistani, gli indiani, che in gran parte non sono musulmani, i marocchini e gli egiziani. In realtà i matrimoni imposti sarebbero migliaia. Per alcune comunità, come quella pachistana, potrebbero sfiorare l'80% delle unioni.
«Le ragazze si ribellano, perchè si sentono più italiane, che legate alle regole del loro paese d'origine - spiega la professoressa Tognetti - Un fenomeno in aumento, che sta diventando un'emergenza. L'aspetto nuovo del caso di Novi è che la madre si sia schierata al fianco della figlia».
La ricerca "Le adolescenti della migrazione e la società italiana", che verrà pubblicata a fine mese, apre uno squarcio sul mondo sconosciuto dei matrimoni forzati. «So di aver fatto una cosa che nel nostro Paese - o meglio, nel Paese dei miei genitori - è fuori da qualsiasi regola. Vivo in provincia, dove sono nata - racconta Jabeen - Avevo 15 anni quando mi sono innamorata di un indiano (...), ma un matrimonio tra un indiano e una pachistana è rarissimo, quasi unico…da articolo di giornale, soprattutto per chi ragiona ancora in modo arcaico, come i miei genitori». India e Pakistan si combattono da mezzo secolo per motivi territoriali e religiosi. «L'ho detto ai miei, trattenendo il respiro. Beh, sapete che hanno fatto? Mi hanno picchiata in 4: mio padre, mia madre e anche i miei fratelli. Dicevano che sono una puttana, urlavano che mi avrebbero uccisa e sepolta in giardino», rivela la ragazza, che ha trovato la forza di denunciare la famiglia ai servizi sociali dopo mesi di percosse. «Adesso vivo a Reggio Emilia, ho sposato l'uomo che avevo scelto e abbiamo due bambini - spiega Jabeen - Loro, statene certi, potranno frequentare chi desiderano». Gli adolescenti immigrati in Italia, fra gli 11 e 18 anni, risultano 309mila. Ben 175mila sono femmine. Chiara è nata in Italia, parla il dialetto modenese, ma ha genitori marocchini. A 14 anni la famiglia comincia «a limitare di molto i miei movimenti, le mie libertà. Mi dicevano che una ragazza dell'islam deve comportarsi bene, non mostrarsi troppo in giro e soprattutto non mostrarsi da sola con i ragazzi. Perché non potevo più divertirmi e chiacchierare con le amiche? Al parco, la sera, e neppure andare a casa loro, o uscire il pomeriggio?». Chiara si innamora di Luca, un ragazzo italiano e prova a presentarlo in famiglia, ma il padre fa una scenata. «Ho aspettato i 18 anni e sono scappata con il mio amore - spiega Chiara - Non vedo e non sento più i miei, neppure i miei fratelli».
Una ragazza marocchina di Milano ammette: «Ho accettato la richiesta di papà, sposerò un uomo del mio Paese. Però ho chiesto di poter scegliere tra più di un possibile marito, di vederne almeno tre o quattro». Un'altra adolescente, ma egiziana, punta al baratto: «La famiglia ha scelto l'uomo per me. Non mi oppongo, ma prima del matrimonio volevo vederlo. E ho ottenuto una garanzia: continuare la scuola e poi andare all'università per laurearmi dopo le nozze».
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