Politica

Israele, nuovi attacchi contro il Papa

Silvia Marchetti

da Roma

Dopo Ken il rosso, arriva il Papa rosso. Insieme al sindaco di Londra - reo di aver giustificato i kamikaze di Hamas e accusato Israele di «crimini contro l’umanità» - viene reclutato nelle file pro palestinesi anche Benedetto XVI. Per la stampa israeliana di destra «l’incidente diplomatico» tra Gerusalemme e Città del Vaticano è tutt’altro che chiuso. Il caso, apparentemente risolto tra i due protagonisti, si sta amplificando sui media, dal Jerusalem Post e Yedioth Ahronoth a Israel Insider. I maggiori quotidiani sembrano aver intrapreso una «crociata» personale contro il pontefice, reo di aver «omesso» dall’Angelus proprio Israele tra i paesi recentemente colpiti dal terrorismo. Un «lapsus» che smaschererebbe la vera natura di Benedetto XVI, confermando i dubbi espressi da una fetta del mondo ebraico all’indomani della sua elezione al pontificato: Ratzinger non compirà nessuna svolta nei rapporti con Gerusalemme. Nonostante le aperture di Giovanni Paolo II e l’avvio del dialogo interreligioso, non è un mistero che gran parte dell’opinione pubblica ebraica, specie quella che si rifà ai teo-con, creda in un Vaticano «filo-palestinese». Lo stesso governo Sharon ha accusato il Papa di aver fatto il gioco dei terroristi di Hamas «dimenticandosi» le vittime israeliane e di usare così due pesi e due misure nella lotta al terrorismo. Nei forum dei quotidiani on line impazziscono le invettive di ebrei israeliani e provenienti da tutto il mondo contro il «Papa-nazi». In quello di Yedioth Ahronoth che titola emblematicamente «E Israele?», Tahl scrive che «simpatizzare con il terrore israeliano non è bon ton. Il messaggio del Vaticano, come quello di Livingstone, è che il terrore in Europa è sbagliato, quello in Israele è ok». E nel forum di Israel Insider tutti i partecipanti sostengono che «Ratzinger non è amico di Israele». Insomma, è bastata la prima «scivolata» diplomatica del pontefice a far riaffiorare le critiche post concilio, quando la stampa israeliana aveva intrapreso una campagna contro il Papa tedesco arruolato da bambino nella Gioventù hitleriana.
Il Jerusalem Post insinua che «forse, lo stillicidio quotidiano di civili per lui non ha nessuna importanza». E la risposta del Vaticano, che ha precisato come la «lista» dell’Angelus includesse solo gli attentati di questi giorni, non ha che peggiorato le cose: «Il massacro di Netanya è avvenuto l’11 - puntualizza il giornale - quindi quattro giorni dopo gli attentati di Londra». Ma il JP si spinge oltre e fa un macabro confronto tra le vittime: «Le perdite umane a Netanya furono maggiori rispetto a quelle in Turchia». L’omissione del Papa rientrerebbe così in una «tendenza inconscia a screditare le vite ebree». Dunque, «l’inevitabile messaggio lanciato ai terroristi è che gli attacchi agli ebrei non provocano lo stesso sdegno morale». Il Vaticano è insomma accusato di discriminazione. Ma la delusione è grande: «Ci si aspettava di più da un Papa che voleva tendere la mano all’ebraismo e che sembrava favorevole a una linea più dura del predecessore contro i militanti islamici». Oltre al sindaco «anti-israeliano» di Londra - bacchettato martedì dal ministro degli esteri Jack Straw davanti a Silvan Shalom - il pontefice è paragonato tout court al segretario generale della Lega Araba Amr Moussa. In peggio. Dopo anni di «sabotaggio», Moussa avrebbe finalmente dato l’ok alla bozza Onu sulla definizione del terrorismo fortemente voluta da Kofi Annan dopo l’11 settembre, che riconosce Israele tra le nazioni-obiettivo. L’auspicio finale del JP è che il «Papa trovi presto un modo per correggere l’errore, se errore è stato.

Altrimenti, avrà spostato la Santa sede più vicina a Livingstone che all’Onu e alla Lega Araba».

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