Le polemiche sul Papiro di Artemidoro sembrano non chiudersi mai. Da un anno a questa parte il nodo della discussione si è spostato sul «Konvolut» nome tedesco utilizzato per identificare quella mappazza appallottolata che avrebbe contenuto il testo del più grande di tutti i geografi antichi prima che venisse opportunamente srotolato. Eppure secondo gli esperti della Polizia Scientifica l’unica foto esistente di questo oggetto è assai poco convincente, e realizzarne una falsa sarebbe stato facile, troppo facile. Ma andiamo con ordine per far capire a chi non mastica tutti i giorni pane e filologia perché gli antichisti si danno dei gran schiaffoni verbali su questo testo. Nel 1998, segnalato da G. Gallazzi e B. Kramer, ricompare un misterioso rotolo formato da molti frammenti spezzettati che conterrebbe passi originali di Artemidoro, studioso di cose geografiche (vissuto tra il II e il I secolo a.C.) che ha ispirato Tolomeo e Strabone e la cui opera è andata perduta. Insomma una vera chicca archeologica. Dopo lunghe perizie La Compagnia di San Paolo lo acquista per la mirabolante cifra di 2 milioni 750mila euro. Nel 2006 il Papiro viene esposto a Torino. Alcuni studiosi, come Luciano Canfora, iniziano a mettere in dubbio l’autenticità del testo. Secondo Canfora, che dedicherà all’argomento molti articoli e ben sei libri, è opera di un falsario ottocentesco, lo provano incongruenze stilistiche e testuali molto forti. E nel frattempo la discussione si apre anche sul come il papiro sarebbe venuto alla luce. Per gli scopritori sarebbe stato inserito come riempitivo di una maschera funeraria di cartapesta. Peccato che la maschera non l’abbia mai vista nessuno. Nonostante le proteste di Canfora i sostenitori dell’autenticità, come Salvatore Settis, sull’argomento hanno mantenuto un certo riserbo, fatto che non deve stupire perché nel mondo del grande collezionismo la provenienza dei pezzi è spesso argomento poco amato (fatto che facilita il moltiplicarsi dei falsi). A sorpresa però nel 2008 quando il papiro viene presentato a Berlino (lo vedranno ben 400mila visitatori) spunta una fotografia di quello che viene menzionato come Konvolut (involto in tedesco). Della foto però non esisterebbero negativi e non si parla più di maschera ma si dice che il Papiro era stato usato come «Riempitivo di oggetto sconosciuto». Fine della discussione? No, il professor Canfora fa esaminare la fotografia al Politecnico di Bari dove gli esperti non la trovano convincente. Poi interviene Silio Bozzi responsabile della Polizia scientifica di Ancona che nel suo tempo libero, ma con competenza da esperto della scena del crimine, indaga su documenti antichi. In un convegno dell’anno scorso a Rovereto ha presentato una relazione in cui si sosteneva che l’immagine del Konvolut era facile da falsificare, per di più presentava sostanziali incongruenze. Una delle più macroscopiche è che i pezzi di testo visibili sul Konvolut sono posizionati in maniera strana e hanno caratteristiche poco naturali. Più o meno quello che succederebbe se venissero riportate digitalizzandole.
Abbastanza per spingere Paolo Morello storico della fotografia a rispondere qualche giorno fa sul Sole24Ore facendo riesplodere la polemica. Secondo lui quella di Bozzi «sarebbe una tesi infondata». L’idea di Morello è che non basti una sola foto e non di altissima qualità per un’analisi di questo tipo: tanto più che il Konvolut «è un ammasso di pieghe, ottenuto comprimendo diversi papiri insieme... È ovvio che tali fogli di papiro, un tempo distesi, abbiano subito durante la trasformazione in Konvolut significative deformazioni».
Silio Bozzi alla critica non risponde direttamente, i vertici della polizia di Stato pare non gradiscano rilasci interviste in proposito. Però non sembra essere a disagio per gli appunti mossigli, anzi. A brevissimo presenterà una nuova pubblicazione sull’argomento. Il nocciolo del quale è proprio: «Non avremmo mai sospettato cioè che le lettere analizzate, come ampiamente documentato dal nostro lavoro, non patissero la deformazione prospettica dovuta alle inclinazioni, alle irregolarità e ai vari dislivelli raffigurati sull’immagine del Konvolut. E invece è proprio questo che incredibilmente si verifica nella sconcertante foto del Konvolut». Insomma il Konvolut sarebbe una prova molto dubbia proprio per quel che dice Morello. Non avete capito? Allora facciamola semplice: scrivete due fogli al computer con lo stesso testo. Appallottolatene uno. Le lettere che si deformano non sarebbe possibile «riportarle» esattamente su quelle rimaste piatte e viceversa. Invece sul Konvolut secondo Bozzi succede proprio questo. E almeno per lui, uno a cui giudici e inquirenti credono, questo è anomalo.
Anzi, per gioco, con un software adeguato Bozzi si è divertito come illustra l’immagine di questa pagina a spostare e invertire pezzi di testo del papiro e «applicarli» elettronicamente sulle forme del Konvolut. Tanto per dimostrare quanto è facile ottenere un falso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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