In Italia scoppia la psicosi E i catastrofisti fanno festa

Marcoule-Ventimiglia, due ore o poco più in macchina. L’impianto nucleare con il forno esploso è là, subito dopo il confine con l’Italia. Così vicino da far scattare subito la psicosi. La paura si propaga e viaggia veloce. Il Paese precipita nel suo incubo peggiore: pagare per le centrali degli altri. Vecchio adagio dei catastrofisti. Francia, Slovenia, Svizzera. L’Italia è circondata - fanno notare. Nichi Vendola ne approfitta subito per dire: «Le centrali in Europa sono un pericolo per tutti noi. Si faccia come in Germania». E fa niente se si sono già esclusi rischi concreti. Meglio cavalcare l’allarme. «Dovrebbe riflettere e soprattutto pensare al sito per le scorie nucleari di Saluggia», si affretta ad aggiungere il presidente dei Radicali italiani, Silvio Viale, dopo che il presidente del Piemonte Cota aveva escluso rischi per gli abitanti.
Ieri mattina, quando Marcoule si è svegliata sotto choc, l’allarme è immediatamente rimbalzato al di qua della frontiera. Ed è suonato alto. Il pensiero è subito volato a Chernobyl, a quando non si poteva più mangiare l’insalata e a quando cadeva pioggia acida. La paura ha iniziato a viaggiare veloce e in poche ore si è propagata come una nuvola invisibile. Marcoule fa paura. Da Torino sono 257 chilometri, 342 da Genova. Che fare? Dove andare? Prima dell’arrivo delle notizie più rassicuranti c’è stato il tempo, almeno due ore, per bombardare i telefoni di vigili del fuoco e vigili urbani di Ventimiglia. La tv troppo veloce e sintetica per gli anziani, che non si fidano e vogliono sapere. E così, dall’ora di pranzo a metà pomeriggio, è la paura a farla da padrone. Un’anziana con la voce roca chiede alla Croce Rossa se è necessario «tapparsi in casa», una donna vuole essere convinta da un vigile che non è necessario lasciare la provincia e scappare verso Genova, mentre un padre vuole essere sicuro di potere lasciare i due figli a scuola.
Nell’ufficio del sindaco di Ventimiglia, Gaetano Scullino, il telefono squilla in continuazione. Ma le notizie che arrivano sono poche, il console è fuori città e alla Prefettura di Nizza risponde soltanto qualche impiegato. Scatta il passaparola, quasi come se l’allarme avesse interrotto le comunicazioni. «Chiamo di là, conosco un poliziotto di Mentone», si propone un agente della polizia municipale. Ma anche in questo caso niente da fare: «non si riusciva a sapere nulla di ufficiale», si lamenta il primo cittadino.
«Nessuna fuga radioattiva, è stato un incidente industriale, non radioattivo», dicono radio, televisioni e siti internet. Ma le preoccupazioni, qui dove la Francia è così vicina, restano. Le centrali nucleari francesi, così vicine, così antiche, da oggi mettono di nuovo paura. Si scruta il cielo e si fiuta l’aria, convinti tutti di poter fiutare un cambiamento tangibile nell’atmosfera. La psicosi prende forma e le radiazioni si sentono quasi addosso. La paura non si archivia, e torna nel ricordo di Fukushima di quei giapponesi in coda con la mascherina a farsi analizzare. E non è un caso che da un sondaggio emerge che un italiano su quattro ha più paura della contaminazione ambientale che della crisi. Ma oggi, Marcoule non è nè Chernobyl ne Fukushima.

Al Dipartimento della Protezione civile la task force continua a monitorare. Le autorità francesi escludono fughe radioattive e dunque il rischio che - attraverso le Alpi - giungano correnti contaminate nel Paese, in Piemonte e Liguria in primis. Ma l’Italia resta a fiutare l’aria.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica