Adalberto Signore
da Roma
Continua a dividere il provvedimento del governo che riduce da dieci a cinque anni il tempo necessario agli immigrati residenti in Italia per richiedere la cittadinanza. E divide non solo la politica, ma anche gli italiani. Non tanto quelli che alle ultime elezioni hanno votato per la Casa delle libertà, quanto chi lo scorso 9 e 10 aprile ha sostenuto Romano Prodi e i partiti dellUnione. Secondo un sondaggio della Ipr Marketing (istituto di ricerche cui commissionano rilevazioni Il Sole 24 Ore e la Repubblica), infatti, tra gli elettori del centrosinistra solo il 50% si dice favorevole al provvedimento, mentre il 46% è contrario e il 4% non ha unopinione. Un dato che si sposta progressivamente verso il «no» se si passa ad analizzare le opinioni di chi dice di non votare per nessuno dei due schieramenti (il 54% di loro è contrario al provvedimento) o di chi dichiara di aver votato per la Cdl (i «no» salgono al 61%). Complessivamente, il 51% degli italiani non vede di buon occhio il dimezzamento degli anni necessari a chiedere la cittadinanza per gli immigrati residenti in Italia, il 44 è favorevole e il 5 non ha unopinione in proposito. «Un dato - spiega il direttore della Ipr Antonio Noto - che nonostante la risicata maggioranza ha comunque un suo valore perché la distanza tra favorevoli e contrari resta pur sempre di sette punti. Che in un Paese dove le elezioni sono sostanzialmente finite 0 a 0 hanno un loro peso». Altro elemento da non sottovalutare, continua Noto, è «la spaccatura interna allelettorato di centrosinistra». «Imprevedibile», ammette il direttore della Ipr. «Ma allo stesso modo - aggiunge - era inimmaginabile che un terzo degli elettori della Cdl si dicesse favorevole».
«Stupito» lo è anche Renato Schifani, che qualche giorno fa aveva definito il provvedimento del governo sullimmigrazione «un colpo di mano» per cercare di «spostare a sinistra il potenziale elettorato italiano». «Che gli elettori del centrosinistra siano quasi divisi a metà - spiega il capogruppo di Forza Italia al Senato - colpisce. Ma, se mai ve ne fosse bisogno, dimostra ancora una volta quanto il governo non sia in sintonia con il Paese, nemmeno con il comune sentire del suo elettorato». Daltra parte, ragiona Schifani, non è altro che «la diretta conseguenza di una politica decisamente condizionata dalle ali estreme». Insomma, «Prodi è totalmente prigioniero della sinistra radicale». Sulleventualità che il provvedimento possa essere discusso e modificato in Parlamento, il senatore azzurro non è troppo ottimista. «Se la maggioranza lo considera un testo aperto - spiega - è evidente che noi siamo disponibili al confronto. Se invece, come lasciano intendere le dichiarazioni integraliste del ministro Ferrero, siamo davanti a un provvedimento blindato da demagogia strumentale sarà difficile contribuire». Schifani, però, resta convinto che la via da seguire sia quella del confronto, perché «fare solo ostruzionismo equivarrebbe a dare un alibi al governo». Certo, ammette, «non è facile» visto che «la maggioranza si sta dedicando a una sorta di controriforma quotidiana». «Bossi-Fini, legge sulla droga, legge Gasparri, intramoenia allargata per i medici: ogni giorno - insiste - spunta una riforma del precedente governo da cestinare».
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