Luigi Cucchi
da Milano
Nella terza età gli italiani hanno paura di perdere la propria autonomia. Temono le malattie che portano progressivamente alla perdita dellautosufficienza, allinvalidità, allisolamento. Una società che invecchia a ritmi elevati fa esplodere le patologie cardiovascolari gravi, come lo scompenso cardiaco e quelle neurodegenerative, come lAlzheimer, il Parkinson, che trasformano luomo in un automa non più in grado di svolgere le più elementari funzioni quotidiane. Avanza losteoporosi e cresce il rischio di rottura di un femore che immobilizza spesso lanziano costringendolo in un letto. Più della morte o della solitudine litaliano è angosciato dalla dipendenza e dalle crescenti disabilità. La prospettiva di essere costretti in un letto o in una carrozzella ci terrorizza. La non autosufficienza, per il 40,9% degli italiani è il peggiore dei mali, fa più paura del dolore, indicato dal 30,2% e della stessa morte citata dal 13,2%.
È quanto emerso da unindagine di Monitor Biomedico 2006, realizzato dal Forum per la Ricerca Biomedica e dal Censis, su un campione di cittadini italiani (e su quelli di quattro regioni: Piemonte, Umbria, Puglia e Sardegna).
Oltre la metà degli italiani (il 53%) ritiene insufficiente la spesa pubblica per la salute, e il 77,3% ritiene che quella per i farmaci (tradizionalmente la componente più tagliata) vada considerata come vitale, quindi le risorse sono da sviluppare. Il «bene salute» è da tutti gli italiani considerato prioritario ed è definita un investimento la spesa per la sanità, talmente importante da destinare a questarea maggiori fondi sia pubblici sia privati. Farmaci e ospedali non si toccano: è il messaggio più forte che esce dallo studio del Monitor Biomedico 2006. Anche le corsie degli ospedali, così come i pronto soccorso ed i medicinali, ha spiegato Carla Collicelli, vicedirettore del Censis, vengono visti dalla maggioranza degli italiani come i punti cardine del servizio sanitario nazionale, per i quali sono necessari più finanziamenti, anche se questi dovessero essere richiesti direttamente ai cittadini con i ticket. Dallo studio emerge infatti che il 54,2% degli intervistati considera utile questa forma di contributo, con una punta che arriva al 59% dei cittadini del centro. Gli italiani sono inoltre convinti che il Servizio sanitario nazionale deve garantire una continuità di cura anche dopo il ricovero negli ospedali, durante la fase acuta, attraverso servizi e prestazioni sul territorio che rispondano ad una domanda assistenziale prolungata nel tempo.
I malati non vogliono essere lasciati soli di fronte ai risvolti sanitari, psicologici e sociali della malattia. Secondo il parere dell81%, sarebbero da finanziare numerosi servizi (ad esempio quelli per non autosufficienti) con un Fondo apposito, da creare con una quota della spesa sanitaria pubblica attuale (in base allopinione del 57%). Tuttavia, quando si prospetta di utilizzare una parte delle risorse degli ospedali (magari chiudendo quelli troppo piccoli) gli intervistati si oppongono, diventano più conservatori e preferiscono rinunciare ad ogni cambiamento. In sostanza gli italiani avrebbero voglia di innovazioni, ma hanno anche timore delle stesse e mai vorrebbero rinunciare ad un piccolo ospedale sotto il proprio campanile.
Grande la fiducia ed il gradimento nei confronti dei medici sul territorio. Il 62,6% degli italiani giudica ottimo o bravo il proprio medico. Il 41% risponde che è disponibile anche fuori dallorario di studio; per l88,7% è sempre presente nellorario delle visite; per l85,1% il medico valuta attentamente i sintomi; per il 78,5% è attento anche agli aspetti psicologici e relazionali. Lunico vero problema, per il 61,2% degli intervistati, è rappresentato dalle code troppo lunghe nello studio; mentre il 37,3% registra una certa resistenza alle visite a domicilio.
I tumori sono la patologia più temuta, per il 67,5%; al secondo posto vengono le malattie del cuore (23,9%).
I risultati del Monitor biomedico sono stati presentati da Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis e discussi da Sergio Dompé, presidente di Farmindustria, Marco Campari, studioso di problemi sanitari, Filippo Palumbo, direttore programmazione sanitaria ministero della salute, Maurizio Rosi, assessore sanità Umbria, Alberto Tedesco, assessore alle politiche della salute regione Puglia.
«La ricerca traccia un identikit preciso - ha detto Sergio Dompé - del cittadino italiano di fronte a un allungamento della vita oggi straordinario.
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