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John Fogerty e Springsteen: un duetto da cowboy

È stato il primo, tra i grandi del rock, a riscoprire le radici country. John Fogerty (nel tondo, ex leader dei Creedence Clearwater Revival, gruppo tra i best seller di tutti i tempi con successi come Proud Mary) già nel ’73 incise Blue Ridge Rangers, disco che vinse un Grammy rivisitando i classici della musica popolare americana. Allora Fogerty stupì tutti inventandosi «one man band», cantando e suonando da solo tutti gli strumenti (dalle chitarre al violino alla batteria); anche per questo fu un album storico, che aprì la strada a tutti i rocker che da allora hanno pescato a mani basse nel grande fiume del folk e del country. Non a caso Bruce Springsteen, definito «il fratello minore di Fogerty», ha da poco trasformato in un successo mondiale il repertorio di Pete Seeger. Non a caso Fogerty, quasi 40 anni dopo, pubblica Blue Ridge Rangers Rides Again e vuole al suo fianco il Boss e gli Eagles Don Henley e Timothy B. Schmit. «La musica country, con le sue immagini di treni, deserti, fuorilegge, è alla base dell’iconografia rock o almeno del mio modo di viverla», dice Fogerty. E così, accompagnato dalla crema dei session men in circolazione, dipinge dodici splendidi quadri acustici, dodici stilizzate rappresentazioni della cultura popolare folk. Rilegge col piglio della ballata bluegrass la vigorosa Paradise di John Prine (cantautore di culto amatissimo in Usa), torna all’antico eroe Buck Owens con i ritmi tambureggianti di I Don’t Care e via via tocca tutti gli stili, dal western swing di Fallin’ Fallin’ Fallin’ alla morbida ballad Garden Party di Rick Nelson impreziosita dalle voci degli Eagles. Semplicità, un pizzico di virile sensualità, atmosfere cangianti in cui la ruspante energia country echeggia bagliori rock ed ecco uno dei migliori album «roots» dell’anno, sicuramente candidato ad un Grammy. «Ho scelto le canzoni che avrei suonato con gli amici in un piccolo bar dimenticato da Dio; niente calcoli commerciali, solo emozione e puro divertimento», come dimostra l’allegria e la schietta comunicativa melodica di When Will I Be Loved degli Everly brothers in duo con Springsteen. «Bruce suona spesso le mie canzoni, siamo stati sul palco insieme ma è la prima volta che duettiamo.

L’ho raggiunto nella sua casa in New Jersey per incidere il brano. L’abbiamo registrato in una tonalità troppo alta per lui, ha dovuto faticare ma non s’è mai lamentato, e quel canto così diverso dal solito ha dato l’impronta al pezzo».

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