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Kakà eterno good boy vuol fare il predicatore

A «GQ» il rossonero confessa: «A carriera finita voglio dedicarmi a diffondere la Bibbia»

nostro inviato a Lisbona
Dopo i trionfi nel calcio, avremo un Kakà predicatore. Più che una promessa solenne dell’interessato (dixit in una intervista resa a GQ) sembra lo sbocco scontato e naturale del giovane talento brasiliano dal futuro ancora più carismatico. La fede in Gesù è infatti la più sorprendente delle sue vocazioni, più duratura di quella che mostra palla al piede, con la maglia del Milan e nella seleçao brasiliana con cui passa da un riconoscimento all’altro, da un gol all’altro. Tra qualche giorno gli varrà il Pallone d’oro e a metà dicembre il Fifa World player da raccogliere a Zurigo dalle mani di Sepp Blatter, eppure Ricardo Izecson Dos Santos Leite, Kakà per il mondo intero, appare particolarmente attratto dalla carriera futura di predicatore evangelico. Che vuol dire una cosa molto seria, a leggere la meticolosa descrizione del mestiere prossimo fornita dall’interessato. «Si tratta di studiare teologia, di approfondire le letture della Bibbia», spiega Kakà che già ora si incarica di fare proseliti a modo suo, vestendo una casacca bianca sotto la maglia con la scritta «I belong to Jesus» spuntata, a sorpresa, per la prima volta durante il mondiale del 2002.
Una rovinosa caduta, all’età di 17 anni, col rischio di perdere l’uso delle gambe, fu la scintilla che accese il fuoco della fede. Da quel giorno Kakà ha la Bibbia sul comodino, un pensiero quotidiano riservato al suo Dio e un impegno pubblico a discutere dell’insegnamento. «Mi rendo conto che applicare quei principi scritti molti anni prima ai nostri giorni è particolarmente difficile», confessa. E di certo non si spaventa dinanzi alla complessità dell’impresa, come forse gli accade dinanzi a un rivale competitivo e tignoso sui campi di calcio. Tutte le volte che gli capita di far gol Riccardino alza gli occhi al cielo per ringraziare Gesù. Che resta la dedica perenne dei successi suoi personali. In macchina, invece di farsi dondolare dalla musica dei nostri tempi, ha una collezione di cd che parlano dei testi sacri. E anche quando gli toccò di andare in sposo alla sua Caroline, ora al quarto mese di gravidanza, molti ironizzarono sulla sua confessione pubblica e tenera. «Sono arrivato vergine all’appuntamento», raccontò col candore di un ragazzo d’altri tempi. Vive in un appartamento del centro di Milano appiccicato alla famiglia (papà ingegnere, mamma e fratello Digao, calciatore come lui tesserato per il Milan), mai frequentata una discoteca, colleziona libri storici su Milano ma non è il bigotto che qualcuno descrive. Con i ricchi guadagni ha già costruito una nuova casa in Brasile, ha detto no alle offerte del Real Madrid. Forse, senza saperlo, stiamo parlando di un ragazzo speciale.

Che sa giocare al calcio e immagina di finire una sera a tavola a parlare di Gesù con i suoi amici.

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