Kiefer e un’autobiografia fatta di «segni» struggenti

L’artista tedesco dedica la personale alla poetessa Bachmann

Kiefer e un’autobiografia fatta di «segni» struggenti

Sabrina Vedovotto

Ogni volta che la galleria di Lorcan O’Neill inaugura è inevitabilmente un evento. Decine di persone, anzi centinaia, ad affollare l’unica grande stanza espositiva della galleria. Ci si chiede sempre se sia per il nome del gallerista, per l’importanza dell’artista invitato, o per i lavori interessanti in mostra. Anche per questa occasione il pubblico era numeroso, e come sempre, assolutamente eterogeneo. Stavolta però l’occasione era delle più prestigiose, una mostra di Anselm Kiefer, un grande artista. Forse uno dei più interessanti artisti viventi. In mostra a Roma e parallelamente anche a Napoli, presso la Galleria Lia Rumma.
La mostra prende il titolo da un verso della poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, La tua e la mia età e l'età del mondo. Non un titolo casuale, ma nelle parole della Bachmann una ritrovata adesione totale a ciò che Kiefer prova a raccontare.
Con una serie di lavori che si fissano nella mente per la bellezza, impetuosità e anche, ma non ultimo, per il racconto tanto forte ma allo stesso tempo sensibile di tracce della propria vita. La propria età, gli eventi che hanno reso speciali momenti di vita, in relazione con l’età di un tu generico, e soprattutto, con l’età del mondo.
Due quadri, una installazione, alcuni lavori su carta. Le dimensioni dei grandi quadri seguono di pari passo il loro valore economico, uno dei due arriva a valere 500mila euro. Se però per un attimo dimentichiamo il valore economico possiamo soffermarci invece su quello che è il tema di questa mostra. L’età, il passaggio del tempo, ciò che il tempo lascia, sulla superficie, e su strati più profondi e apparentemente meno visibili. Il concetto appena esposto sembra essere quello che ha sostenuto l’artista negli anni, quando, poco alla volta, ha creato una installazione con una serie quasi infinita di quadri, quadri non completati, affastellati uno sopra l’altro, pensati e realizzati dai primi anni Settanta fino al 1991, assemblati nel momento nel quale l’artista, solo e abbandonato al suo più intimo dolore, lascia la Germania per la Francia. Le problematiche del tempo, dell’età, sono declinate anche, e con maggiore forza, nelle altre opere.
Nei lavori su carta troviamo retaggi di un passato che sembra ancora non totalmente trascorso. Ere geografiche e formazioni geologiche vi appaiono scritte sottolineando la presenza del passato che non si può cancellare ma grazie al quale si può crescere e si può ripartire in una ascesi senza sosta.
Stesso discorso sull’età anche nel grande quadro, incompiuto anche esso, dove l’artista ha continuato ad esercitare la sua arte, lasciando tracce del tempo che fuggiva, inserendo dettagli con un valore iconografico di grande impatto.

Prendiamo i girasoli per esempio, enormi girasoli, che l’artista ha voluto inserire in un contesto così atipico, quasi a suggellare, nonostante il colore scuro e piuttosto angosciante del quadro, un desiderio di rinascita, di un qualcosa che può e deve germogliare. Una speranza che diventa quell’hic et nunc dal quale partire. O meglio ripartire.
Galleria Lorcan O'Neill, via Orti d’Alibert 1/e. Lunedì-venerdì 12-20. Fino al 31 marzo.

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