«L’80% delle giocate torna nelle tasche degli scommettitori»

Per Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori, il settori dei giochi va rivisitato in lungo e in largo. Sul sito del partito scrive: «Quello che deve cambiare innanzitutto è la disciplina delle concessioni e delle licenze». L’ex pm si scaglia contro il governo che cerca di fare cassa «con un gratta e vinci oggi, una lotteria domani, slot machines e scommesse per il resto della vita». A suo parere il mercato «produce un fatturato di circa 100 miliardi l’anno i cui i maggiori profitti vengono assorbiti dalla criminalità organizzata». Poi aggiunge: «Il 17 novembre scorso la Commissione antimafia ha approvato una relazione sui profili del riciclaggio connessi al gioco lecito e illecito. Nel documento si manifestava una forte preoccupazione per un settore che ha registrato una crescente presenza della criminalità organizzata, e si chiedeva una modifica dell’articolo 88 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in modo da definire requisiti più rigorosi per le concessioni delle licenze... Ad oggi la richiesta di intervento non è stata ascoltata, per questo motivo l’Italia dei Valori torna ad affrontare il problema, anche alla luce dell’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Autorità autonoma dei monopoli di Stato che ha parlato di “aggressività” della rete irregolare».
Ma c’è qualcosa che non quadra in questo intervento secondo Massimo Passamonti, coordinatore area giochi e intrattenimento di Confindustria. «Dove stanno i 100 miliardi di ricavo? Il movimento reale è di 60 miliardi. Ma la grandissima parte, oltre l’80%, ritorna nelle tasche dei giocatori sotto forma di vincite. A conti fatti ciascun potenziale giocatore spende nel gioco poco più di 500 euro l’anno, non i 2.300 di cui si parla a vanvera, al giorno fa un euro e 65 centesimi. Un pacchetto di sigarette costa 5 euro. Ci dimentichiamo che dal 1999 lo stato italiano, attraverso interventi succedutisi negli anni, ha concretizzato la più grande operazione di legalizzazione del gioco facendo emergere una parte consistente del gioco illegale e dando un colpo importante alla malavita. In caso contrario il volume complessivo del mercato non arriverebbe a 60 miliardi, ma a molto meno. La proposta della Commissione antimafia è paradossale perché legalizzerebbe la rete irregolare consentendo il rilascio della licenza di pubblica sicurezza anche a chi non ha la concessione.

Allora sì che ci sarebbero ricavi extra rispetto a quelli ufficiali. Il nostro regime concessorio è validissimo, tanto è vero che viene preso a riferimento a livello europeo. La sua cancellazione equivarrebbe alla fine dei controlli e del gioco responsabile».

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