L’addio ai tre soldati «costruttori di pace»

Un commilitone: «Conoscevo quei ragazzi, erano lì per fare del bene»

L’addio ai tre soldati «costruttori di pace»

Massimo Malpica

da Roma

In mattinata a Roma, sotto una fitta pioggia, nel pomeriggio a Verona, città che ha pagato negli ultimi giorni un pesante tributo di sangue. L’arcivescovo Angelo Bagnasco piange i militari italiani caduti nelle missioni all’estero, vite stroncate «dalla lucida e ignobile follia di chi non vuole la pace e disprezza i diritti umani». Proprio l’ordinario militare d’Italia incarna il percorso del dolore del Paese: celebra prima i solenni funerali degli alpini uccisi in Afghanistan, Manuel Fiorito e Luca Polsinelli, nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli affollata di autorità, e poi nel duomo scaligero, alle 17, presiede il rito funebre del maresciallo dei carabinieri Enrico Frassanito, ferito il 27 aprile nell’attentato di Nassirya e morto tre giorni fa appena tornato a casa.
Due cerimonie toccanti, che ricalcano una scena purtroppo già vista appena pochi giorni fa, quando nella basilica capitolina erano allineate le tre bare delle vittime dell’attentato di Nassirya. Una settimana dopo, ricorda Bagnasco a Roma nella sua omelia, «la viltà terroristica ha rinnovato il dolore dell’Italia aprendo nuove ferite». E anche il Papa, Benedetto XVI, nel messaggio inviato a Bagnasco tramite il segretario di Stato Vaticano Angelo Sodano, condanna l’«ignobile attacco al convoglio italiano di stanza a Kabul» ed esprime il proprio cordoglio per il nuovo lutto che colpisce «le forze armate impegnate a sostenere con generosa abnegazione l’azione di pace fra popolazioni duramente provate». La gente affolla le antiche terme trasformate in chiesa da Michelangelo fin dalle 9 di mattina, nonostante il tempo inclemente. Sono tantissimi gli alpini che prendono posto dopo aver scortato, poco dopo le 10, le bare del capitano Fiorito, 27 anni, veronese, e del maresciallo capo Polsinelli, 28enne di Sora, e nelle prime file siedono le massime autorità dello Stato, molte con gli occhi lucidi. C’è il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, che abbraccia a lungo i familiari dei due caduti, sorreggendo all’uscita il padre di Fiorito, Michele. Ci sono i candidati alla sua successione Gianni Letta e Giorgio Napolitano, i presidenti di Senato e Camera Franco Marini e Fausto Bertinotti, il premier dimissionario Silvio Berlusconi e quello in pectore Romano Prodi. Con loro i capi di stato maggiore di difesa ed esercito, Giampaolo Di Paola e Filiberto Cecchi, e il comandante dell’Arma dei carabinieri, Luciano Gottardo. L’omelia di Bagnasco rimarca la natura pacificatrice delle missioni all’estero, ricordando che i due giovani alpini «concepivano la vita militare come servizio per chi è meno fortunato e attende una mano concreta e generosa». La generosità di Fiorito e Polsinelli è la qualità che i loro commilitoni ricordano più frequentemente. «Erano lì - racconta Aldo, un alpino - solo per fare del bene, per mettere capacità ed entusiasmo al servizio di chi ne aveva più bisogno». Manuel e Luca, per l’arcivescovo, incarnano un mondo dove i valori hanno ancora un peso, «giovani che cercano qualcosa per cui valga la pena vivere e morire, che puntano a ideali alti e concreti», che sanno «che ormai è impossibile rinchiudersi nel proprio stretto perimetro». «Il dolore è grande - dice Bagnasco ai familiari - e sconfinato. Ma senza panico. Se lo scopo è seminare confusione e paura con il dolore e la morte, la forza della ragione e dello spirito risponde con ferma saggezza».
È ancora l’ordinario militare che a Verona rende l’ultimo omaggio al maresciallo Frassanito e si stringe insieme alla città scaligera ai familiari del carabiniere. Ci sono i vertici delle forze armate e, per le istituzioni, Gianni Letta con i vicepresidenti di Camera e Senato, Giorgia Meloni e Milziade Caprini. Letta, riferendosi anche al veronese Fiorito, ricorda che «il sacrificio di questi due ragazzi è una lezione per il senso del dovere, per l’impegno, per il senso dello Stato». «Enrico nella sua missione di carabiniere - dice l’arcivescovo - ha scelto di affrontare rischi e pericoli per il bene della gente: ora incontra il suo Signore. La sua vita era fatta di servizio quotidiano, professionale, di presenza capillare davanti alla sua gente in Italia e lontano, per la ricostruzione di un popolo». In prima fila la compagna di Frassanito, Claudia, l’ex moglie Monica, il fratello Giuseppe e la mamma, Anita Corsi.

A lei si rivolge il vescovo di Verona, Flavio Carraro, ricordando come le speranze che il militare si salvasse hanno «aggiunto dolore al dolore»: «È come se avesse voluto resistere - ha concluso il vescovo - per morire a Verona, vicino all’abbraccio della mamma».

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