L'«Affresco» della vita si dipinge a un funerale

Eleonora Barbieri

La storia di Affresco si svolge in una sola giornata, quella del funerale di Edit, ovvero «Mammina». Dall'alba al tramonto, la cittadina ungherese di Tarba si trasforma nel palcoscenico di un teatro dell'Antica Grecia: tredici ore in cui i protagonisti, la famiglia di Edit e gli abitanti del paese, agiscono, ricordano, si tormentano, aspettano (attese lunghissime, perché durano da anni, da tutta una vita, e che coinvolgono anche il lettore fino alle ultime pagine, risolutive, del funerale vero e proprio) e consentono così alla verità di svelarsi, e alla purificazione di realizzarsi. Una catarsi che però è passata attraverso Nietzsche e allora in questo Affresco la mano del pittore (anzi della pittrice, Magda Szabó, e della protagonista, Corinna, che tutti chiamano Annuska) più che dipingere maschere le fa sciogliere sotto il caldo di una giornata in cui anche le calze sono insopportabili, pur se obbligatorie a un funerale. Tanto più quello di Mammina.

Affresco è il primo romanzo di Magda Szabó e fu pubblicato nel '58, dopo anni di silenzio imposto dal regime comunista e poi tradotto nel '59 in Germania Ovest, grazie a Hermann Hesse, che ne fu conquistato. La protagonista Annuska è la figlia di un pastore calvinista, «che si è depravata a Budapest»: è scappata di casa, stanca delle botte e del bigottismo del padre che non tollera nemmeno di vedere un quadro appeso alle pareti, figuriamoci che la figlia ne dipinga uno. Ma Mammina è morta e così, dopo nove anni, Annuska torna a casa. Il funerale in realtà è l'attesa di Annuska da parte della famiglia: padre, sorella, nipote, genero, fratellastro, parenti, amici d'infanzia e il vecchio Anszu, il suo unico amico, il suo padre dell'anima. Edit, Mammina, era ricoverata in manicomio; ma la follia non era certo una sua esclusiva.

La sua malattia mentale era solo il collante che teneva in piedi l'affresco di una famiglia apparentemente solida: disciolto quello, anche il secondo crolla, travolto dalle meschinità, i giochi di potere insignificanti, l'indifferenza dei sentimenti, la cecità di fronte a ciò che conta davvero. Che per Annuska, come per Magda Szabó, è la libertà: qualcosa da difendere a tutti i costi anche di fronte a un padre ottuso o a un regime, qualcosa che ti fa superare anche la paura.

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