Lanno si apre con una nuova tegola sulla previdenza, lallarme conti Inpdap. È destino che sulle pensioni non si abbia un momento di quiete. Che cosa ne pensa, da espertissimo del problema, Giuliano Cazzola?
«I conti dellInpdap dimostrano che, nel campo delle pensioni, si può fare di tutto tranne che rifugiarsi nel classico "abbiamo già dato". Guai a dormire sonni tranquilli. Anche perché, lo devo ricordare subito, sono in agguato gli oneri della controriforma Damiano (quella varata dal governo Prodi per cancellare lo «scalone», ndr). Ci sono almeno 4,5 miliardi di euro che non sono coperti, perché non è stato dato corso ai provvedimenti per la cosiddetta copertura: la razionalizzazione degli enti previdenziali e larmonizzazione dei trattamenti. Per fortuna, il governo attuale non ha dato corso alla normativa sui lavori usuranti, una vera e propria bomba a orologeria».
A proposito di bombe, ma quella dellInpdap come nasce? Dalle baby pensioni?
«Sono molte le cause alla base della situazione. La prima è che nel pubblico impiego il numero dei lavoratori attivi non è cresciuto al pari delle pensioni. In sostanza, il blocco delle assunzioni ha ridotto la platea dei contribuenti mentre si allargava quella dei pensionati. E pesano poi - è vero - i trascinamenti delle normative generose in vigore prima delle riforme, baby pensionamenti e quantaltro. Negli ultimi quindici anni si sono rese uniformi le regole, ma i processi di transizione sono troppo lunghi e onerosi. Da ultimo, anche il governo ha commesso un errore: nella manovra pre-estiva si sono praticamente incentivati i pubblici dipendenti ad andare a riposo appena raggiunti i 40 anni di anzianità di servizio (compresa la contribuzione figurativa): una norma che stride visibilmente con lesigenza di allungare la permanenza al lavoro, anche se capisco lesigenza di svecchiare gli organici. Comunque, non bisogna mantenere questa norma a regime».
Tra i pensionati cinquantenni ci sono molte dipendenti pubbliche. Una situazione che la sentenza della Corte europea di giustizia potrebbe modificare in maniera radicale.
«Bisogna cogliere loccasione della sentenza dellAlta corte dellUe per riaprire il tema delletà pensionabile di vecchiaia delle lavoratrici. La sentenza presenta molti aspetti discutibili, ma è sicuramente unopportunità per il nostro Paese che, per fare le cose, ha sempre bisogno del vincolo esterno. La sentenza fa giustizia, anche sul piano culturale, di un luogo comune molto diffuso in Italia: quello per cui la donna devessere risarcita dalla sua condizione di oggettiva discriminazione attraverso uno "sconto" sulletà pensionabile, quando questo "sconto" altro non è se non lultima discriminazione».
Come si potrebbe agire?
«Insieme ad altri colleghi (Cazzola è deputato Pdl e vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, ndr) ho presentato un progetto di legge che prevede, fra laltro, un incremento graduale fino a 62 anni del limite anagrafico per le donne, in vista del ripristino di un pensionamento flessibile e unico per uomini e donne in una forbice fra 62 e 67 anni, con incentivi e disincentivi. La proposta rende uguale il trattamento fra uomini e donne, e risolverebbe la questione posta dallAlta corte. E la specificità femminile verrebbe tutelata, in maniera più equa, con la contribuzione figurativa per la maternità e il lavoro di cura».
Ma queste norme aiutano ad affrontare il cronico problema della altissima spesa per la previdenza? Lallarme Inpdap è solo lultimo dei tanti.
«Nellimmediato, questa operazione sulletà comporterebbe un risparmio, a regime, di almeno un miliardo di euro lanno, che potrebbe essere utilizzato a favore delloccupazione femminile e della tutela dei diritti delle donne. In ogni caso, anche i dati dellInpdap rendono testimonianza dellassoluta correttezza del ministro Brunetta, che non ha perso tempo a cercare delle scuse, ma ha colto la sentenza dellUe come unopportunità».
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