L’America si ferma per la tv Lost sfratta la Casa Bianca

Anche le istituzioni si piegano ai palinsesti. I fan del telefilm protestano e il discorso sullo Stato dell’Unione viene anticipato. Centinaia di migliaia di e-mail e sms. La rete Abc ha sfruttato anche Twitter

L’America si ferma per la tv  
Lost sfratta la Casa Bianca

New York - L’attesa è stata lunga e sofferta ma finalmente ieri sera oltre 12 milioni di fan di Lost si sono attaccati al televisore per la prima puntata dell’ultima stagione del leggendario serial, il più seguito - e costoso - della storia del piccolo schermo.
Tanto è e tale è stato l’entusiasmo americano per questo telefilm girato alle Hawaii (costo: 45 milioni a stagione) e ambientato in una misteriosa isola deserta del Pacifico - dove un aereo della linea aerea Oceanic è precipitato con un gruppo di sopravvissuti - che anche la Casa Bianca ha dovuto rimandare un discorso del presidente per non «scontrarsi» con la messa in onda di Lost.

Proprio ieri infatti tutte le reti televisive degli Usa dovevano trasmettere in diretta, nel prime-time serale, il discorso di Barack Obama sullo Stato dell’Unione. Inchinandosi al volere (e alle proteste) dei fan televisivi, Obama ha preferito non interferire con le tre ore che il network Abc aveva promesso ai fan di Lost: una di riassunto sulla stagione precedente seguita, subito dopo, dalla prima puntata di 120 minuti. Una maratona cui milioni di spettatori non volevano rinunciare.

Ogni presidente americano ha però l’obbligo di presentare al Paese, entro la fine di gennaio, il resoconto dell’anno precedente, passando di volta in volta da un mea culpa per i problemi non affrontati e gli errori a un’elegia dei risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel campo politico, economico e sociale, nella lotta al terrorismo e nelle decisioni militari. Un discorso così importante da convincere Obama, dopo il primo difficilissimo anno di mandato e il drammatico calo dei suoi indici di popolarità, a un rinvio di una settimana.

La Casa Bianca aveva dunque scelto la data del 2 febbraio, nella speranza di poter annunciare alla nazione che la riforma sanitaria aveva raggiunto il minimo di voti necessari per diventare legge e che il primo presidente nero aveva finalmente ottenuto una grande vittoria politica.

Ma Obama non aveva fatto i conti con i seguaci di Lost, che hanno inviato centinaia di migliaia di e-mail, sms e telefonate alla Casa Bianca. I producer della Abc, furbissimi, hanno usato Twitter per inscenare una campagna contro il discorso del presidente al grido di «Vogliamo Lost».

Molto più interessati a seguire, in dirittura d’arrivo, le mosse finali dei protagonisti della serie nata il 22 settembre 2004 che si concluderà, dopo 18 puntate, a maggio, molti americani hanno quindi intimato alla Casa Bianca di non posporre l’esordio stagionale del telefilm che nel 2005 ha vinto il premio Emmy, l’Oscar televisivo.
Così la Casa Bianca ha dovuto far marcia indietro e trasmettere il discorso sullo Stato dell’Unione nell’ultimo martedì di gennaio. Ad annunciare questa decisione, applauditissima dai fan di Lost, era stato proprio il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs. «Non credo che il presidente vorrà deludere milioni di telespettatori», aveva detto durante un briefing, aggiungendo: «Ho saputo da un suo consigliere che ha deciso di posporre l’intervento per non farlo coincidere con la prima puntata di Lost».

Con un applauso, quanti avevano seguito fedelmente - e per cinque anni - un copione che li aveva trascinati in un universo di mitologia, forze sovrannaturali, fede, destino, campi elettromagnetici, simboli antichi, iniziative Dharma e mostri, hanno salutato la decisione. E hanno capito, insieme con il resto degli americani, che anche la politica oggi s’inchina al potere del piccolo schermo.

Se infatti alcune puntate della serie erano state posticipate a causa dello sciopero degli sceneggiatori (che aveva paralizzato Hollywood tra il 2007 e il 2008), la Casa Bianca ha invece dovuto fare marcia indietro, quando ha capito che il potere mediatico di una serie prevale sulla realtà di un’America messa alla prova da una disoccupazione ancora a livelli record. E in cui forse solo un telefilm riesce ad alleviare la pesantezza della realtà quotidiana...

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