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L’analisi/Nella valanga autonomista Parigi rischia di perdere la Corsica

In molti si sono giustamente soffermati a commentare le elezioni francesi sottolineando la caduta di popolarità del duo Sarkozy e il galoppante aumento dell'astensione che è ormai il partito di maggioranza assoluta. In realtà come spesso succede, gli spostamenti di consenso non sono tanto e solo dovuti a cambiamenti di opinione o di schieramento ma alla diversa propensione all'astensione fra i simpatizzanti dei vari partiti.
Il solo vero spostamento concreto di consenso è avvenuto a vantaggio di alcune formazioni locali e limitatamente a due regioni. Gli autonomisti bretoni sono arrivati a sfiorare il 7% in un Dipartimento e viaggiano sopra il 4% in tutta la regione. Sembra poco, ma si tratta di una percentuale alta per un paese come la Francia di solido centralismo dove l'autonomia culturale è tollerata e a volte addirittura incoraggiata. In particolare contro gli autonomisti bretoni lo Stato francese ha sempre usato la mano molto pesante. Per questo il risultato è eclatante.
Ancora più devastante per l'unitarismo è il voto della Corsica, dove il partito Femu a Corsica («Facciamo la Corsica») ha il 18,40% e Corsica Libera il 9,36%, che sommati fanno il 28%: un risultato straordinario dopo anni di divisioni e devastanti lotte intestine. Questo significa che un terzo degli elettori corsi ha scelto con estrema chiarezza l'autonomismo con forti venature indipendentiste e che al ballottaggio questo ha ampie possibilità di vincere. Per batterlo si dovrebbero coalizzare tutti, dall'estrema destra nazionalista alla sinistra trotzkista: una eventualità piuttosto improbabile che introdurrebbe uno schema chiaro ma durissimo, e che sarebbe davvero una sorta di referendum sull'indipendenza dell'isola. Si consideri anche che con il 37%, la Corsica è la regione con il minore tasso di astensione. È uno choc per la Francia dove i vari autonomismi sono tenuti sotto ferreo controllo e che potrebbero anche esplodere, soprattutto nella pacifica Occitania. Finora il pugno dello Stato e la mancanza di rivendicazioni economiche ha impedito le condizioni che favoriscono il separatismo basco e catalano, che sono le due regioni più ricche e tartassate dal fisco spagnolo, o quello della Padania dove gli effetti della solidarietà coatta sono anche più devastanti.
Si dice che i cambiamenti socio politici che avvengono in Francia si riproducano poco dopo anche in Italia. Da noi i movimenti autonomisti sono da tempo in fase crescente. Si da per certo che anche da noi crescerà l'astensione e ce ne sono tutte le condizioni: sfiducia nei partiti, mancanza di programmi chiari e di un dibattito su temi concreti e non sul gossip, rifiuto del bipartitismo. Ne trarranno beneficio i partiti che hanno un elettorato più fedele e motivato ed è probabile che se ne avvantaggi la Lega che il suo pesante prezzo alla disaffezione elettorale lo ha già pagato anni fa.
La Lega non si presenta in maniera uniforme in tutte le regioni e anche dove ha candidati governatori propone atteggiamenti e immagini piuttosto diversi. Sarà interessante vedere il comportamento degli elettori davanti alla differenza fra l'aspetto istituzionale e accomodante del Piemonte e quello più ruspante e caratterizzato del Veneto. In un panorama stagnante e povero di idee, nel quale i programmi sono davvero poco distinguibili, emerge la chiarezza con cui Luca Zaia affronta i temi cardine dell'economia, dell'autonomia, del controllo delle risorse e dell'ambiente. È il solo che si stia costruendo una grintosa riconoscibilità che possa contenere l'astensionismo.
Gli autonomisti corsi sono altrettanto decisi nella difesa della cultura locale, dell'autonomia e dell'ambiente.

Se la nostra Corsica è il Veneto lo sapremo fra qualche settimana.

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