Silvia Castello
LIstituto Cervantes, in collaborazione con la Fondazione Díaz-Caneja e Caja Duero, presenta in anteprima assoluta la prima retrospettiva italiana di Juan Manuel Díaz-Caneja: «Caneja - Lanima di Castiglia» - curata da Javier Villán Zapatero e Juan Francisco del Valle Goríbar - e visibile presso la sala dellistituto spagnolo in piazza Navona (fino al 29 gennaio).
Si tratta della prima tappa internazionale degli eventi espositivi del 2006 che continueranno le celebrazioni del centenario della nascita dellartista in tutto il mondo e giunge questo mese a Roma, dopo il precedente grande successo ottenuto con l'imponente rassegna antologica al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid.
Straordinario interprete dellarte europea del Novecento, Caneja (Palencia 1905-Madrid 1988) - intellettuale, artista e poeta - frequentò a Madrid la Residencia de Estudiantes, lo stesso entourage di altri protagonisti della cultura spagnola del tempo quali Federico García Lorca, Salvador Dalì, Luis Buñuel e Severo Ochoa, e appartenne, con Picasso, Calder, Mirò e Chillida, alla scuderia della storica galleria madrilena Theo.
Levento presenta una selezione di opere composta da 36 tele, rappresentative di tutto il suo cammino artistico - dalle origini cubiste fino al superamento delle occasionali influenze con i membri della cosiddetta «Scuola di Vallecas» - attraverso un ampio excursus espositivo che parte da lavori iniziali come «El farol» del 1925 per giungere a «Tierra Roja» del 1987, realizzata negli ultimi anni della sua vita.
Oltre a dipinti di grande bellezza e intensità poetica come «Iban a comunicar» (1948) o «Mujer peinándose» (1950). Si parte quindi, da unimpronta cubista e figurativa, tipica degli anni 40 e 50, per poi giungere, con i lavori degli anni Sessanta, allevoluzione di uno stile personalissimo, fondato nella ricreazione del paesaggio di Castiglia, e che inquadra Caneja come uno dei migliori interpreti del panorama spagnolo del secolo scorso.
Per lartista dipingere è come «approdare alla verità essenziale della pittura»; è un gioco della memoria inteso come una rete geometrica nella quale rimangono impressi i diversi elementi geografici, tra suggestioni cromatiche e compositive.
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