«Cè confusione, il sogno non è più quello». Qualcosa si agita nellanima del grande pensatore, il genio ribelle. Il profeta: «Qualcosa si sta preparando. Qualcuno sta arrivando». È il 1899 e il secolo volge al termine, presto si schiuderà un sigillo. Lanimo di Vladimir spazia sulla sterminata madre Russia, sorvola Berlino e Roma e infine, come al principio di tutto, si ritrova a Gerusalemme. È lì che la sua penna coglie il dominatore del mondo mentre riunisce tutti i cristiani e propone la soluzione per ogni cosa: il primato, la tradizione, la conoscenza. È lì che Qualcuno si scatena.
Friedrich è stremato, la sua mente vacilla da anni, anche il suo corpo lo regge a fatica. Dentro di lui risuonano le parole che ha scritto un giorno: «Che cosa è bene? Tutto ciò che accresce la volontà di potenza e la potenza stessa delluomo. Che cosa è male? Tutto ciò che deriva dalla debolezza». Come dunque poteva essere felice? Era lui che laveva scritto: «Che cosa è la felicità? Sentire che la potenza aumenta, che si vince una resistenza. Non soddisfazione, ma più potenza; non pace universale, ma guerra; non virtù, ma abilità. I deboli e i malriusciti dovranno perire: primo principio della nostra filantropia. Inoltre li si dovrà aiutare a farlo. Che cosa è più dannoso di qualsiasi vizio? Lattiva pietà per tutti i deboli e i malriusciti, il cristianesimo...». Ma Qualcuno avrebbe risposto.
Il secolo volgeva, iniziava il Mille e novecento. In quello stesso anno Vladimir Solovëv e Friedrich Nietzsche morivano entrambi in faccia a Lui. Contro di Lui Solovëv aveva scritto un Racconto e a Lui Nietzsche aveva dedicato unintera opera, intitolata proprio con il Suo nome. Perché Egli era il nuovo padrone della terra, Lui, lAnticristo.
Chi è lAnticristo? È «luomo delliniquità» di cui parla san Paolo nelle sue lettere, è «la bestia» e «il drago rosso» dellApocalisse. Egli aveva già fatto la sua comparsa nellAntico Testamento tra il Salmo 90 e il sogno del profeta Daniele, come una delle quattro bestie che sarebbero giunte nellultima ora, allavvento di Satana, al tempo della consumazione di questo mondo. E Cristo stesso ne aveva fatto cenno più volte, parlando della Sua seconda venuta. LAnticristo è dunque un precursore del Demonio, il servo ultimo del Male predestinato a manifestarsi nellimminenza dei tempi finali, in piena escatologia, benché il suo spirito già aleggi sul mondo. E se non è ancora giunto è solo perché Egli è bloccato da «ciò che lo trattiene», come scrive Paolo ai Tessalonicesi. Così, da molti secoli, ci si immagina lultimo nemico terreno - quindi di natura umana - di Cristo, dal quale appunto prende il nome: Anti-Cristo, nel duplice senso di chi sta contro di Lui e chi si sostituisce a Lui.
Da oltre un millennio si tracciano coordinate e si disegnano interpretazioni dellAnticristo. Cè chi lha visto come un mito comune a tutte le religioni, versione cristiana del mitico drago babilonese. Cè chi ne ha parlato come duna leggenda interna alle religioni del Libro e del Messia (ebraismo, cristianesimo, islam) vedendovi quindi una variante dellanti-messia. Un dato di fatto, però, rimane: sono secoli che la croce di Anticristo è gettata sulle spalle del nemico per scuoterne dalle fondamenta la credibilità e il potere. Lo fecero papi contro imperatori (per esempio Federico II), lo usò Lutero contro la Chiesa di Roma, vi ricorse persino Stalin, alla radio, per sollevare il popolo russo contro lex alleato nazista, esordendo con un poco comunista: «Fratelli e sorelle...». Perché poche altre cose sono radicate nel profondo della nostra coscienza di cristiani e di occidentali quanto questo fascinatore penultimo, questo filantropo e pacifista - ma pronto a colpire - che preparerà il terreno al Maligno.
Fa così scalpore un «novissimo» volume della Fondazione Valla-Mondadori dedicato a LAnticristo, il nemico dei tempi finali (pagg. 620, euro 27) dove si sostiene che Egli non esiste. Curato da Gian Luca Potestà e Marco Rizzi, entrambi docenti allUniversità Cattolica, il libro è il primo (su tre) di una serie che si spinge dal primo apparire della parola sino al XV secolo, escludendo quindi Solovëv e Nietzsche, insieme al Benson de Il padrone del mondo e molti altri, che del resto esulano cronologicamente dai limiti della collezione della Valla. Unantologia imponente, corredata da un notevole apparato critico che parte da unipotesi nuova: se si sospende il preconcetto per cui tutti i testi escatologici del Vecchio e del Nuovo Testamento parlino per forza delle medesime realtà, ci si accorge che il termine entra nella storia del cristianesimo con la minuscola: anticristo, dunque, e non Anticristo.
La prima manifestazione della parola si ha in due lettere di san Giovanni, che restano gli unici passi neotestamentari dove essa compaia. In questo contesto essa sarebbe servita a indicare quanti si opponevano al corretto credo cristiano, in particolare allincarnazione del Verbo e alla duplice natura di Cristo, vero Dio e vero Uomo. Un significato eresiologico, quindi, contro alcune correnti cristiane poi appunto divenute eretiche. Si era intorno allanno 100 e poco dopo il termine venne ripreso dal vescovo Policarpo di Smirne, con simili intenti. Per veder sorgere lAnticristo si dovette però attendere la fine del II secolo, quando un discepolo di Policarpo divenne vescovo di Lione. Il suo nome era Ireneo e scrisse unopera destinata a grande fortuna, Contro le eresie, dove Ireneo confutò gnostici e marcioniti ricorrendo proprio alla figura dellunico Anticristo. Per farlo accorpò tutti i passi escatologici presenti nelle Scritture, inventando così una figura destinata a enorme diffusione e uso. Ma a che scopo creare questa «retorica esegetica e teologico-politica», come la definiscono i curatori? Al fine di alleviare le sofferenze patite dai cristiani durante le persecuzioni: «Sapere che i mali con cui essi avevano a che fare erano i medesimi che gli eletti avrebbero dovuto affrontare contro lultimo nemico, in vista della definitiva liberazione, non poteva che essere motivo di consolazione e resistenza di fronte allinfuriare della tribolazione». Dunque Ireneo e i suoi primi continuatori - Ippolito, Origene, Lattanzio - avrebbero indicato nel tempo presente una figura, una prefigurazione dell«ultima ora che viene», dando il «la» alle mille reinterpretazioni che si sono rincorse in poco meno di due millenni e che certo non mancheranno ancora.
Vedremo come sarà accolta questa nuova ipotesi, in delicato equilibrio tra singolare e plurale, tra anticristi e Anticristo.
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