Cultura e Spettacoli

Ma l’apripista è stata «Buffy»

Il successo mondiale dei romanzi della serie Twilight - e ora del film - ha una preistoria. Tutto comincia nel 1992, quando Joss Whedon, inventa il personaggio di un'adolescente, Buffy, che frequenta un liceo dove pullulano i vampiri. Il film che ne nasce, con Kristy Swanson che interpreta Buffy, non ha un grande successo. Ma Whedon insiste: trasforma Buffy in una saga televisiva, sostituisce la Swanson con Sarah Michelle Gellar nel ruolo della protagonista, e dal 1997 al 2003 sforna sette stagioni di telefilm che vincono tutti i premi televisivi possibili. Whedon non solo costruisce una complessa mitologia che appassiona critici letterari, filosofi e teologi ma inserisce un nuovo elemento che manda in visibilio le ragazzine: il vampiro pentito, che vuole espiare le cattive azioni facendo del bene. Diventato buono, conserva però i suoi poteri e la sua voglia di sangue (così che rischia spesso di tornare cattivo): è Angel, il vampiro che ama ricambiato Buffy, interpretato da David Boreanaz, un bel tenebroso che ha però una venatura di umorismo e riesce tollerabile anche ai maschietti. E quando Boreanaz emigra su un altro network come protagonista di una seconda serie di Whedon, Angel, con trame più complesse per un pubblico più adulto, il più seducente fra i vampiri cattivi di Buffy, Spike (interpretato dal cantante James Marsters), diventa a sua volta buono e inizia una storia d'amore con Buffy.
Certo, Buffy è una cacciatrice di vampiri dotata a sua volta di superpoteri mentre Bella Swan, la ragazzina di Twilight, sembra piuttosto timida e spaurita. Sembra. Appunto: a mano a mano che la saga procede, si scopre che qualche potere inusuale ce l'ha anche lei, dalla nascita, mentre altri ne acquisisce strada facendo. La formula di Twilight tuttavia riprende quella fortunatissima di Buffy: liceale s’innamora di vampiro ma scopre che prima di vivere felici e contenti ci sono molti ostacoli da superare. Si trattasse solo di un amore contrastato, saremmo nel regno della banalità. Il successo mondiale di Twilight, sulla scia di Buffy, ha ragioni più profonde. Come mostra il sociologo Douglas Cowan nel suo recente Sacred Terror, il vampiro è una delle poche finestre attraverso le quali i giovani oggi si affacciano sulla problematica della morte e dell'immortalità, che è intrinsecamente religiosa.

Lo sa bene Stephenie Meyer, l'autrice di Twilight, che è una devota fedele della Chiesa Mormone e ha cosparso il suo testo di allusioni religiose.

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