nostro inviato a LAquila
Cinque ramoscelli dulivo, due mazzi di mimose. Un cappello a falde larghe nero, due guanti di velluto, un portacellulare rosso. Un piccolo braccialetto di perle azzurre. Un foglio storto con una preghiera battuta a macchina, del 25 aprile. Sono passate le stagioni, linverno con la neve che qui si è sciolta da due settimane, la festa della donna, la domenica delle Palme, davanti a questa rete dove le cose sono incastrate come se fosse una bacheca, un muro, un altare. Inizia da qui adesso il viaggio allAquila. Via Venti settembre è stata riaperta e le macchine rallentano davanti a questo santuario, la tomba degli otto ragazzi. Marta, Marco, Luciana, Hussein detto Michelone, Alessio, Davide Luca, e poi Francesco e Angela, fotografati insieme, abbracciati. Anche loro incastrati in questa rete che trattiene i ricordi.
Dietro, la casa dello studente è aperta, tutta la parte anteriore è stata abbattuta, se ne vedono le viscere come un frutto spaccato. Gli armadietti, i poster alle pareti delle stanze dei ragazzi una Marilyn alata, lavviso di un concerto. Tutto è sotto gli occhi, basta fermarsi e osservare. Come i pilastri i ferri piegati, le fondamenta dove si nasconde il segreto di questo palazzo che conservava qualcosa di marcio, svelato dal terremoto. «Io ero il pompiere che stava in cima alla scala ti ricordi?», dice Marco, uno dei tredici vigili del fuoco dellAquila in servizio la notte tra il 5 e il 6 aprile. «Non so quanti ragazzi abbiamo portato fuori quella notte». Tutti insieme, i fotogrammi nel buio ritornano, come un film riavvolto allimprovviso che riparte dalla prima scena. Un anno fa. Le 3 e 32 minuti, la scossa.
Da qui si arriva facilmente al centro della città, piazza del Duomo. Si cammina tra palazzi puntellati e ancora scavati dagli squarci di pareti crollate. Molte macerie sono state rimosse, ma la gente ancora non cammina in queste strade, ancora non se la può godere, una città di fantasmi, percorsa solo da pompieri e da questi nuovi turisti che vengono all'Aquila per visitare una città darte, per guardare un dolore, per spiare un palcoscenico.
In piazza però cè un disegno grandissimo. Cinque metri. Lo stanno appendendo i volontari della Scuola di pace, i clown dei bambini che hanno invitato tutti i piccoli di qualsiasi età a partecipare alla «Città che sognano»: cuori, fiori, colori sgargianti. Il disegno catalizza lo sguardo, non si vedono carriole di protesta in piazza, «sono sparite dopo le elezioni», dice ridendo il gestore del bar Nursia, Francesco: «Fino a ieri erano appese le bandierine dellUnità. Ma la gente alla fine era seccata. E un ragazzo proprio era fuori di sè: Andatevene!, si è messo a gridare».
Accanto al grande quadro su carta della città dei fiori, ci sono i disegni che i bambini inventavano nelle tendopoli. Un anno fa, mesi fa. E si vedono case con strisce oblique e nere, tracciate con violenza, molto rosso, braccia ricoperte di valigie, macchine della polizia, cieli cupi, percorsi e incisi sempre da quelle linee forti, esagerate: «La vedi la differenza, tra questi disegni?, ci spiega il fondatore della scuola di Pace, Italo Cassa».
Il rettore di Collemaggio, Nunzio Spinelli, si prepara in sacrestia per la messa delle dieci di sera. Sarà sua lomelia di Pasqua, parlerà a braccio, sa perfettamente qual è il messaggio: «La resurrezione della città, la ripartenza. Rinascere da adesso. La gente ha bisogno di incontrarsi, di divertirsi. Dobbiamo trovare nuovi luoghi di aggregazione. La campagna elettorale, i litigi in Comune, non hanno aiutato». A Collemaggio si celebrerà anche la veglia di lunedì notte. Allinterno è stato montato un impianto di riscaldamento, perché la cupola è stata sostituita da una struttura leggera, e fa freddo, anche in una mattina di sole. Domani notte qui è atteso anche Silvio Berlusconi. Ogni angolo di questa città si prepara alla ricorrenza del 6 aprile, e della Pasqua. I negozi chiuderanno tutti.
La strada per Onna è veloce e si passa anche da Bazzano, uno dei quartieri nuovi che stanno ospitando complessivamente 15mila sfollati. Immagini veloci di bambini che giocano a palla, panni stesi: «Alcuni sono felici, altri si lamentano - racconta Gianni, tassista - ma io dico sempre a chi si lamenta: voi non vi rendete conto, vi hanno dato una casa, vi hanno dato tutto. Cè stato un terremoto. La gente ogni tanto se lo dimentica».
A Onna un gruppo di trentini scatta foto davanti all'asilo di Giulia Carnevale. Giulia, la ragazza che voleva fare l'architetto, morta la notte del 6 aprile. «Eccolo qui - indica la mamma Angela - entriamo, venire in questo asilo è come andare a trovare mia figlia». Allinterno, la foto di Giulia è appesa accanto a quella di quattro bambini morti nel terremoto. Questo asilo è arrivato a ospitare 98 bambini.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.